Il nuovo modo di intendere il femminismo in Italia si fece spazio nel corso del 1968, e nei primi anni del movimento è una pensatrice che sente l’esigenza di una nuova elaborazione teorica del femminismo, Carla Lonzi, autrice de La donna clitoridea e la donna vaginale, un’opera che sarà anticipatrice della nuova visione di separatismo sessuale, teorie che raggiungeranno la loro maturazione dieci anni dopo.
Lonzi si oppone all’obbiettivo di cui il vecchio femminismo era fautore, l’uguaglianza fra uomo e donna, e dichiara la necessità di fare della disuguaglianza il punto di partenza per l’elaborazione di obiettivi politici e sociali che soddisfino le esigenze delle donne: L’uguaglianza è un falso obiettivo.
Lonzi divide le donne in due categorie: vaginale, quella che accetta la sottomissione maschile, e clitoridea quella che si spinge verso nuove forme di piacere sessuale.
Solo a partire dalla seconda metà degli anni 80 nascerà il pensiero della differenza sessuale, che non verrà più considerata con negatività ma un valore positivo in vista della liberazione della condizione femminile, e anche come creazione di principi nuovi, diversi e superiori rispetto a quelli maschili.
Sulla scia di chi promosse una nuova visione delle differenze sessuali e che delle differenze in sé offrì una nuova visione teorica, viviamo ancora in un’epoca che ignora l’effettiva differenza etimologica che apparentemente lega femminismo e maschilismo.
Il maschilismo è una forma di sessismo, basata sulla presunta superiorità dell'uomo nei confronti della donna, è l’assoluta pretesa da parte del sesso maschile di dover godere di diritti, meno per le donne.
Il femminismo fa riferimento a:
- la posizione o atteggiamento di chi sostiene la parità politica, sociale ed economica tra i sessi, ritenendo che le donne siano state e siano tuttora, discriminate rispetto agli uomini, e ad essi subordinate.
- la convinzione che il sesso biologico non dovrebbe essere un fattore predeterminante che modella l'identità sociale o i diritti sociopolitici o economici della persona. La similarità di questi termini non li rende uniti nel loro senso. Mentre il maschilismo si fa portavoce di un velato atteggiamento razzista nei confronti delle donne, il femminismo muove dalla necessità di riconoscere la parità ad entrambi i sessi, piuttosto che l’uguaglianza, poiché trattandosi di due sessi opposti le esigenze che li riguardano saranno divergenti e non uguali. Si fatica ancora ad emergere da quell’ignoranza che intacca la convivenza sociale e culturale di due mondi che faticano ad incontrarsi poiché in una società in cui il pensiero viene reso sterile sin dalla giovane età (eliminare lo studio filosofico) tra le mura di scuola, saranno sempre i cattivi esempi a plagiare le menti di quegli uomini che, anche con violenza, pretendono l’ubbidienza femminile, e di quelle donne, che rimarranno vittime inconsapevoli di una bigotta educazione.
In vista del 25 Novembre (giornata mondiale contro la violenza sulle donne) più che mai è necessario ricordare un’altra pensatrice che pose l’attenzione sul tema della pornografia portato in primo piano da un volume ormai divenuto classico, Pornografia.
Uomini che possiedono donne (1981), di Andrea Dworkin.
Secondo l’autrice la pornografia rappresenta un atto di violenza contro le donne, poiché rappresenta la celebrazione e l’esaltazione del potere maschile sulle donne al punto da considerare lo stupro come pratica e la pornografia come la teoria della violenza maschile.
Insomma dietro le velature di ciò che ormai viene innalzato e contemplato come normale, si cela una vera e propria miccia psicologica che rappresenta la fonte di abusi e violenze che vedono la loro origine nella diffusione malata e perversa di “normalità” oscene che “educano” alla superficialità non solo sentimentale ma anche etica.