Si è spesso parlato di come la condizione femminile sia mutata nel tempo, e di come ad oggi le donne abbiano conquistato e acquistato potere quasi quanto l’uomo.
Una libertà, quella femminile, che passa dalla propria realizzazione sino alla libertà che vede coinvolto il corpo stesso.
E’ davvero così? Parola alle donne.
Le donne sono davvero libere di essere senza incappare in critiche (maschili e femminili) e giudizi maschilisti?
Piuttosto che insegnare alle donne ad eclissare la propria femminilità si dovrebbe spiegare e insegnare al sesso opposto a cosa facciano riferimento quei limiti di libertà che spesso vengono valicati da chi crede che la lunghezza di una gonna dia loro diritto d'esprimersi in un certo modo, come se un corpo meno vestito sia aperto ad accogliere espressioni sessiste; un limite sociale questo che si rivela ogni qualvolta la notizia di una donna vittima di violenza sia fisica che verbale non scuote poi così tanto, un limite sociale questo alimentato dalle ignoranti affermazioni da parte di chi, privo di sgomento, afferma " eh!
Ma se ne va in giro vestita in quel modo.."
In Italia la violenza sulle donne viene ancora giustificata. Quella delle donne è divenuta una battaglia contro la violenza per la sopravvivenza, lotte che non sanno più di diritti ma di dolore, quasi come se quella delle donne fosse una specie in via d'estinzione.
La donna non è più portatrice di una ricercata emancipazione che veda i propri diritti al pari di quelli maschili, ma l’emancipazione della donna oggi sembra limitarsi a un’illusione femminile di cui il secolo in cui viviamo è portavoce.
Il femminismo non è più emancipativo, ma differenzialista e individualista, e mira ad enfatizzare i propri e singoli interessi che obliano l’emancipazione femminile in sé.
L’emancipazione che vede come protagonista la donna deve essere parte di un processo evolutivo che sia anche sociale poiché è la condanna da parte della società ad alzare muri di delimitazione progressiva.
Una società non pronta ad accettare una figura femminile di successo che sia anche generatrice di prole e che vede in quest’ ultimo il cancro da evitare non può parlare di evoluzione, una società portavoce della libertà democratica che oltre ad essere di pensiero e di parola sia libera da preconcetti, aperta all’accettazione di una figura diversa.
Si potrà parlare di libertà quando una donna indosserà un abito con una scollatura profonda senza essere giudicata come poco di buono, o oggetto di attenzioni da parte di quegli uomini che con sguardi pesanti e commenti poco carini violano la libertà femminile del "costume".
Insomma non si sarà pronti alla parità finché i cliché sociali non saranno eliminati, finché non avrà inizio un processo di accettazione a più teste, in cui l’una sia diversa dall’altra senza nessun timore, potrà parlarsi di evoluzione quando ognuno, nel proprio piccolo, tacerà di fronte ad una figura femminile (o maschile) diversa dalla propria.
Chi stabilisce come essere donna?
Non esiste un manuale di istruzione, ci sarà un motivo se siamo stati generati come esseri pensanti, come esseri capaci d’essere ognuno unico, e diverso, a suo modo.