Referendum: Quale futuro per la nostra Costituzione? Lo abbiamo chiesto a Massimo Siclari, ordinario di Diritto costituzionale presso Roma Tre, il quale si è mostrato molto preoccupato in merito a una riforma, a suo parere "Non idonea a trasformare il Senato in una Camera delle Regioni", e"Insoddisfacente per quanto riguarda la definizione dei rapporti tra Stato e Regioni". Queste le sue parole:

Cosa chiede il quesito referendario sul quale andremo a votare il 4 dicembre?

Chiede di pronunciarsi su di un ampio testo di revisione della Costituzione vigente, comprendente la modifica di ben 47 articoli.

Quali sono le principali modifiche che la ”Legge Boschi”, se dovesse passare, porterà?

Le principali modifiche riguardano, innanzitutto, la composizione del Senato e le funzioni ad esso attribuite: i senatori saranno molti di meno e saranno quasi tutti eletti dai Consigli regionali, saranno poche le leggi approvate da entrambe le Camere e solo la Camera dei deputati voterà la fiducia al Governo. In secondo luogo, sono notevolmente ridotte le competenze legislative delle Regioni, anche se a queste resteranno comunque rilevanti competenze (ad es. per quanto riguarda la programmazione e l’organizzazione dell’assistenza sanitaria). Infine, è disposta l’abolizione delle Province e del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro.

Quali saranno gli effetti socio-politici, concreti, che questo Referendum potrebbe avere sulla nostra Democrazia a breve, a medio e a lungo termine?

Mi fa una domanda per rispondere alla quale sarebbe adatto un indovino più che un costituzionalista. Posso solo dire che questa riforma non è idonea a trasformare il Senato in una Camera delle Regioni, come si propone di fare, e che è insoddisfacente per quanto riguarda la definizione dei rapporti tra Stato e Regioni, che rimarranno a lungo alla ricerca di un punto di equilibrio.

Uno dei temi più scottanti è quello riguardante il Senato. Come cambierà il nuovo Senato secondo la riforma della carta costituzionale?

Il Senato sarà composto da novantacinque membri eletti dai Consigli regionali tra consiglieri regionali e sindaci, che rimarranno in carica finché non si esaurirà il loro mandato di consiglieri o sindaci.

Altri cinque membri saranno di nomina presidenziale con un mandato di sette anni. Il Senato potrà votare solo alcune leggi (tra cui quelle di revisione costituzionale), ma nella maggior parte dei casi saranno votatedalla sola Camera dei Deputati, con possibilità, da parte dello stesso Senato, dichiedere soltanto di modificarle su uno o più punti: la decisione finale rimarrà comunque alla Camera. È assai incerto se il Senato rivestirà un ruolo effettivo di Camera degli interessi territoriali o, invece, come pare assai probabile, un ruolo marcatamente politico.

Con la riforma oggetto di voto, ci saranno anche delle modifiche sul Titolo V della seconda parte della nostra Costituzione. Quali saranno e a cosa porteranno?

C’è un tentativo di ridimensionamento del ruolo delle Regioni a statuto ordinario, che vedono fortemente limitate le loro competenze legislative. Ma anche in questo caso la riforma si presta ad esiti contradditori, giacché non tocca assolutamente le Regioni a Statuto speciale, anzi, secondo qualcuno, ne rafforza il ruolo.

È d’accordo con chi afferma che la “Legge Boschi” è strettamente legata alla legge elettorale Italicum?

Sono convinto che la riforma costituzionale si presti di per sé a molte critiche, qualunque sia la legge elettorale. L’Italicum non fa altro che enfatizzarne gli aspetti negativi.

Se dovesse vincere il NO, quali saranno le conseguenze per il governo Renzi?

Saranno quelle che vorrà trarne il Parlamento: siamo o non siamo una Repubblica parlamentare?