Venezia: un vaporetto in partenza, due hippy si allontanano, guardando lo schermo con fredda distanza. Il Papa resta sul molo, gli occhi sgranati da bambino anche sul bel volto da adulto, e poi si risveglia dall’incubo a occhi aperti, sulle note di una sinfonia d’archi drammatica e mesta.

Il viaggio di Sorrentino nella vita di un giovane Papa iconoclasta continua, correndo sempre su due binari paralleli: da un lato il foro interno di Lenny Belardo, la sua psiche travagliata fra la ricerca di un Dio e due genitori ugualmente distanti; dall’altro lato il rapporto fra Pio XIII e il mondo che c’è dentro e fuori dalle mura vaticane.

Il problema dell’esistenza di Dio, il rapporto dell’uomo contemporaneo con la religione e anche il conflitto fra Stato e Chiesa: Sorrentino non lascia nulla d’inesplorato in questa accurata dissezione della vita di un Papa giovane ma dalle idee molto chiare.

Una lunga storia d’amore

Lenny Belardo fulmina lo spettatore fin dai primi minuti della puntata, allontanando da sé gli impacciati tentativi di seduzione di una Esther disperata. Il suo tono è tanto dolente, da indurre persino il cardinal Voiello a desistere nei suoi tentativi di ricatto. E tutta la quarta puntata è intrisa di discorsi complessi: sulla fuga dall’umanità di chi si rinchiude nella sterile adorazione di un Dio lontano; sulla volontà, dello stesso Lenny di rendere la Chiesa e i suoi esponenti un’idea lontana per i fedeli, che dovranno disperarsi e meritare il loro conforto, non attraverso una fede tiepida ma nutrendo un sentimento terrificante e assoluto di amore.

Vuole una grande storia d’amore fra la Chiesa e i fedeli, esclama Pio XIII ai suoi cardinali riuniti nella Cappella Sistina, e non potrebbe assomigliare di più a un Papa rinascimentale, mentre rivendica il ritorno di un potere assoluto nelle sue mani. E non potrebbe assomigliare di più all’effigie di San Gennaro, mentre viene portato in pompa magna sul trono papale, ricoperto di paramenti rossi e dorati, in un’esplosione di quella napoletanità tanto cara a Sorrentino e che riaffiora più volte, come nell’ormai iconico cardinal Voiello.

È lui a chiudere la puntata con un’imprecazione in dialetto stretto, che fulmina sul posto sia il povero Tonino Pettola sia lo spettatore.

Non expedit

Ma Sorrentino non dimentica un altro nodo fondamentale della vita della Chiesa: il suo rapporto con lo Stato italiano. È un duello all’ultima battuta feroce quello fra Pio XIII e il giovane e rampante Presidente del Consiglio italiano, interpretato da Stefano Accorsi, che si fa forte del suo 41% di elettori per cercare di mettere il Papa in difficoltà.

Almeno finché Lenny non cita il Non expedit – concetto sconosciuto a un Presidente ‘troppo giovane’ – e tutto il potere morale che avrebbe di imporre all’elettorato cattolico di non votare.

Nove mesi sono passati, nello stile tipicamente sorrentiniano, in cui la realtà di tanti piccoli attimi significativi supera la necessità di una trama tradizionalmente strutturata. Gli effetti dell’ostinata chiusura di Pio XIII cominciano a farsi sentire e non solo sui suoi rapporti con lo Stato italiano. Troppo occupato a curare la sua immagine e il suo bisogno di ricerca di una figura genitoriale che si nasconde sempre, Lenny Belardo sembra dimenticare le fragilità dei suoi fedeli e quelle dei suoi umanissimi collaboratori, tutti piagati dalle conseguenze delle loro scelte di vita.

C’è davvero ancora molto da esplorare in questo viaggio visionario nella vita del Giovane Papa.