Dopo l'Assemblea di ieri mattina, il Partito Democratico sta vivendo momenti di grande tensione e di evidente difficoltà: quella scissione che sembrava definitivamente scampata con l'ultimo intervento del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, oggi sembra più che mai vicina.

Infatti ieri sera, con un colpo di scena dopo le parole di distensione portate da molti esponenti di maggioranza e minoranza PD nel corso dell'Assemblea Nazionale, i tre sfidanti di Matteo Renzi (Emiliano, Rossi, Speranza) hanno diramato un comunicato stampa di poche righe ma sufficiente a palesare le proprie intenzioni: "È ormai chiaro che è Renzi ad aver scelto la strada della scissione assumendosi così una responsabilità gravissima".

Da parte sua il Segretario dimissionario non ha fatto molto per evitare questa rottura: dal palco dell'hotel Parco dei Principi di Roma ha mostrato ancora una volta i denti e attaccato gli atteggiamenti ricattatori della minoranza PD.

Una divisione scellerata

A fronte di tutti i calcoli politici e delle decisioni interne al Partito Democratico che porteranno nelle prossime ore a un definitivo "aut aut" per gli scissionisti, non si può che costatare l'insensatezza e l'assurdità dell'essere giunti a questo punto: il partito di centro-sinistra più grande in Europa (più del 40% dei voti nel 2014), capace di esprimere Governi, un Presidente della Repubblica e profili di alto spessore nella gerarchia europea (leggasi Federica Mogherini), scelto da gran parte dei cittadini per rappresentarli a livello locale (Regioni e Comuni), in grado di promuovere leggi di ampio respiro riformista (Unioni Civili, riforma della cooperazione, legge sul "Dopo di noi") e di perdere dignitosamente un Referendum contro tutto e contro tutti, si sta per dividere per ragioni ai più non chiare.

Ragioni che neppure gli stessi scissionisti hanno saputo esprimere con precisione, cambiando posizione più volte su temi quali la legge elettorale, il Congresso del partito e il sostegno al Governo Gentiloni.

Una decisione scellerata che avrà conseguenze nefaste non solo sul Partito Democratico e sulla sua comunità, già molto scossa e divisa su quel 4 dicembre 2016, ma anche e soprattutto sulle sorti del Paese intero, lasciando grandi spazi di manovra e di risalto mediatico a quei movimenti populisti che saranno i veri vincitori in questa scissione.