Il Pipita lo ha fatto capire chiaramente, non vuole essere chiamato traditore. Non è sua la colpa ma del presidente Aurelio De Laurentiis. I tifosi del Napoli però non sembrano per niente d'accordo, Higuain è stato fischiato per 180 minuti, mercoledì ha indicato la tribuna già durante il riscaldamento, cosa che non aveva fatto domenica, segno incontrovertibile che i fischi della partita di campionato non li aveva digeriti, ha quindi scaricato la colpa su quello che secondo lui è il vero responsabile.
Quel "es tu culpa" sembra quasi invitare a dire che Higuain a Napoli ci sarebbe rimasto volentieri, ma qualcosa glielo ha impedito.
Nessuno vieta di affermare che l'argentino in realtà è un bugiardo, che mirava soltanto a pulire la sua immagine dalle responsabilità, che non ha mai amato Napoli e che le gioie e le lacrime degli ultimi tre anni non sono altro che maschere pirandelliane, dietro le quali il vero Pipita pensava che i napoletani puzzassero e non vedeva l'ora di andare via. Risulta relativamente facile reputare l'ipotesi inverosimile, ma sta di fatto che si parla sempre più di un calcio senza bandiere e intanto giocatori e presidenti si incolpano a vicenda.
Si potrebbe affermare che nella nostra società le squadre di calcio sono come donne in mano a un Don Giovanni, Zygmunt Baumann fa notare in "amore liquido" che persino l'amore sta assumendo sempre più una connotazione tascabile, spinto dal consumismo e da un conseguente egocentrismo (che porta alla definizione, ormai nota, di società liquida) qualsiasi sentimento, per una squadra o per una donna, necessita di essere riciclato.
Accusare il consumismo è troppo semplicistico e generale, lo può fare di certo un filosofo, ma i tifosi del Napoli, anche se continueranno a fischiare Higuain, adesso hanno un dubbio "e se fosse davvero colpa di de laurentis?" d'altronde chiunque può osservare che dei soldi incassati per il Pipita, pochissimi sono stati reinvestiti, ma adesso bisognerebbe asserire che sia stato De Laurentiis a indossare una maschera pirandelliana per tutti questi anni, un'ipotesi che come la precedente sembra anch'essa abbastanza inverosimile.
Per capire questa situazione può essere utile tornare indietro nell'estate 2012, ennesimo caso di una bandiera non promessa, Thiago Silva si presenta al PSG quasi con le lacrime agli occhi, disse che l'addio al Milan non era colpa sua, non l'aveva fatto per la gloria (da ricordare che il Milan faceva la Champions e il PSG no), non per i soldi (aveva lo stesso ingaggio), disse testualmente che non era colpa di nessuno, quasi non volesse andarci nemmeno lui a Parigi.
Ma gli anni sono passati per il brasiliano, passeranno per Higuain, e passano per tutti, e le emozioni si riciclano, e quando i pezzi da ricambio (anni di carriera) finiranno, forse si può immaginare una buffa scena pirandelliana con un vecchio giocatore, un vecchio presidente (e mettiamoci anche qualche vecchio procuratore) che si accuseranno arditamente tra loro e diranno "es tu culpa".