Il Bel Paese, da molto ormai, di bello ha davvero poco! Da quando la politica ha deluso pensando solo in termini di conti e non considerando che i propri interessi, la disoccupazione è in rialzo. I tagli al personale nel settore della scuola, della sicurezza e della sanità - arrivando a chiudere anche strutture ospedaliere necessarie ai cittadini - hanno aumentato la fame di posto fisso. Così oggi ad un concorso di pochi posti si presentano centinaia di migliaia ed è subito caos!

Pochi posti tanti aspiranti

Purtroppo la politica, nonostante ci sia stata una rivoluzione di facce al suo interno, non ha cambiato che in peggio la nostra bella Italia.

Non è una critica senza senso, perché purtroppo è tutto vero! Oggi più di ieri si occupano posti di Lavoro senza meritarli, grazie alle logiche di reclutamento che non rispettano le leggi e il buon senso (il colloquio con l'invio del curriculum vitae, ma anche concorsi farsa).

Il concorso unico strumento equo

Il concorso però è e rimane l'unico strumento per accedere secondo le leggi a impieghi pubblici. Lo sancisce giustamente la nostra vecchia Costituzione che dice all'art. 97 che "agli impieghi pubblici si accede tramite concorso". Se non fosse che l'esito dei concorsi dipende da valutazioni a volte insindacabili di uomini non incorruttibili, che poi purtroppo o per fortuna vengono sottoposte a ricorsi a volte giusti a volte meno.

È successo in passato con pochi posti di infermieri e torna a succedere ancora per pochi posti di lavoro presso Bankitalia (30 posti ambiti da circa 85 mila partecipanti, cifre che sarebbero state più alte, se fosse stato possibile accedere anche ai diplomati, che hanno deciso tramite i sindacati di fare ricorso).

La disoccupazione è in continuo aumento

Così alcuni si domandano se ha senso spendere tanti soldi per i concorsi, che poi generano altre spese in ricorsi e burocrazia. Il porsi una domanda simile è di per sé iniquo: il concorso è e rimarrà sempre la migliore forma di selezione esistente. Però chi esamina e prepara le prove deve comunque essere super partes e spesso non lo è.

Il problema poi oggi non è tanto l'esistenza del concorso e dell'ammissione del ricorso, ma il fatto che il numero dei concorsi rispetto al passato sia diminuito e che non si assuma più! Uno dei tanti motivi è anche il fatto che si ritiene che i dipendenti pubblici siano tutti inefficienti e con poca voglia di lavorare. Il risultato di queste forme di generalizzazione è sotto gli occhi di tutti: la disoccupazione giovanile raggiunge la soglia del 40%, perché non tutti sono capaci di fare impresa e molti ci hanno provato e hanno fallito.

Politica d'impresa e non di assunzioni

I governi degli ultimi 20 anni in termini di assunzioni hanno lavorato male. Si sono disinteressati del benessere dei propri cittadini, tagliando posti di lavoro necessari e investendo solo nel privato, dove con una mano si toglie quel che con l'altra si dà, tanto che oggi stanno bene solo in pochi.

Poi, quando i tagli colpiscono i settori nevralgici dell'apparato statale, si rischia di mandare in tilt i settori basilari della macchina amministrativa, come del resto sta accadendo. Basta tagli ai posti di lavoro. Per ricominciare basta ripartire anche da questi settori per dare lavoro a chi merita, mandare in pensione gli anziani e far funzionare bene lo Stato. Questa è oggi la prerogativa primaria della politica, quando lo capiranno? Lo Stato deve assicurare il lavoro ai cittadini. Sono milioni gli ambiti in cui si può intervenire, per creare lavoro, ma bisogna trovare il modo di cambiare il reclutamento se permette l'accesso agli impieghi pubblici, a lavoratori incapaci o inefficienti o immeritevoli.