Mi avvicino a tre giovani ragazzi, attivisti del Movimento di Lotta per la casa di Firenze, che presidiano l'edificio seduti sul marciapiede di fronte, si tratta di due uomini e una donna, molto combattivi, preparati e seri, che dicono di chiamarsi Erica, Luca Toscano e il terzo nome purtroppo non risulta registrato.
Rifugiati somali sgomberati dall'ex Meyer
Mi dicono che l'occupazione è iniziata IL 17 luglio , quattro giorni fa, in seguito allo sgombero dell'ex Meyer Via L.Giordano, avvenuto in data 12 luglio scorso, che era stato assegnato 10 anni fa all'associazione di mutuo soccorso in memoria di Aboucar Moallim, con la promessa del Comune di ristrutturarlo e renderlo abitabile dal momento che si tratta per la maggior parte di magazzini.
Il Comune in 10 anni non ha mai fatto alcuna opera di risistemazione nonostante gli accordi presi a suo tempo... L'ex Meyer era occupato dallo stesso Movimento di Lotta per la casa, che vi aveva posto la sua sede, e da circa una trentina di Rifugiati somali.
Lo sgombero è avvenuto senza preavviso da parte delle forze dell'ordine, con la motivazione di inabitabilità dello stabile, non era presente nessun rappresentante della giunta comunale, nessuno assistente sociale, nessun incaricato che si occupasse di trovare una sistemazione anche provvisoria ai rifugiati.
Semplicemente venivano messi sulla strada dimostrando un totale disinteresse per la loro condizione anche a motivo del fatto che il Comune di Firenze ha semplicemente esaurito i soldi destinati all'emergenza abitativa dal mese di giugno.
Lo Sprar e i rifugiati
I rifugiati somali, che hanno ottenuto il riconoscimento della loro condizione, sono in Italia ormai da dieci anni e hanno effettuato il percorso previsto dal SPRAR il servizio centrale del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati in Italia .
Per fare chiarezza, visto che se ne parla tanto, ma le informazioni sono poche e confuse, il sistema di accoglienza dei migranti in Italia è diviso tra strutture di prima e di seconda accoglienza:
- La prima accoglienza è gestita dalle prefetture locali che rispondono al ministero dell’Interno, e ne fanno parte gli hotspot e gli hub regionali;
- la seconda accoglienza è relativa allo SPRAR che è stato istituito con una legge del 2002 è formato da una rete di enti locali che attingono risorse dal fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo, gestito dal Ministero dell'Interno e previsto nella legge finanziaria dello stato.
In pratica gli enti, scelgono i destinatari e il tipo di accoglienza e con il concorso del terzo settore, vale a dire cooperative, associazioni e altri organismi privati senza scopo di lucro, oltre a fornire il vitto e l'alloggio,assicurano misure di orientamento e di accompagnamento legale e sociale nonché percorsi di inserimento socio-economico. L'obiettivo è attivare per ogni singola persona un percorso di autonomia, perché possa partecipare attivamente nel territorio italiano, trovandogli un lavoro, una sistemazione abitativa e in modo che possa accedere ai servizi sanitari, scolastici e sociali. Tutto ciò tramite l'apprendimento della lingua italiana e l'accesso e tirocini e stage formativi.
Dopo lo SPRAR nessuna tutela
In realtà lamentano i rappresentanti del movimento lotta per la casa, i rifugiati, una volta esaurito il percorso, che dura circa un anno, sono lasciati a se stessi e si ritrovano a lavorare saltuariamente, sottopagati e magari a nero e quindi impossibilitati di fatto a poter pagare un affitto seppur modesto. A questa penuria di mezzi di sostentamento si aggiunge una mancanza di politiche abitative da parte dei governi e dei comuni ,che hanno ristretto i criteri di accesso alle graduatorie delle case popolari, e la presenza di circa 11.000 alloggi , di proprietà di grandi aziende bancarie o assicurative, che vengono lasciati sfitti.
Alloggi vuoti rioccupati e assenza di politiche abitative
L'edificio Unipol -sai già occupato nel 2013 è stato liberato nel 2015 a seguito di un vero e proprio blitz delle forze dell'ordine congiunte, carabinieri, polizia municipale e polizia; che bloccarono tutte le vie di fughe impedendo oltretutto ai cittadini che abitavano in zona di rientrare a casa fino alla fine dello sgombero. Ci fu un impiego enorme di mezzi e di uomini che liberarono l'edificio, quasi militaresco e quindi efficace lì per lì. Unipol-sai dopo un breve periodo di vigilanza privata ha poi allentato l'attenzione e si è limitata a ristrutturare le facciate, continuando a lasciare l'immobile inutilizzato.
Lungi da me voler giustificare l'occupazione di edifici di proprietà privata che non ritengo corretto perché altrimenti si aprirebbe la strada a tutta una serie di illeciti in nome di diritti che comunque non possono essere ignorati.
E di diritti possiamo parlare nel caso di somali che sono stati riconosciuti rifugiati: il rifugio politico è previsto dalla nostra Costituzione e riguarda persone che fuggono da paesi in guerra, o persone che sono perseguitate per le idee politiche o la fede religiosa. E gli occupanti di Via Baracca che sono circa una trentina provengono dalla Somalia una paese tuttora in preda all'instabilità. Si tratta di individui senza famiglia a seguito che sono “costretti” a rimanere sul territorio italiano in virtù del trattato di Dublino che stabilisce che il rifugiato rimanga nel territorio in cui è approdato.
La famiglia arriva di solito in un momento successivo, magari in aereo, a seguito della richiesta di ricongiungimento familiare, in un altro paese europeo ma le pratiche di ricongiungimento del familiare approdato in Italia richiedono dai 10 ai 15 anni.
La politica come bene comune?
L'azione di lotta del movimento per la casa, seppur violando la proprietà privata, può essere considerata come un monito affinché il governo si impegni finalmente per realizzare lo scopo per cui è stato “eletto” dai cittadini: la realizzazione del bene comune che significa anche occuparsi di chi una casa non ce lìha e non se la può permettere, magari anche varando delle leggi che consentano un incontro tra l'offerta privata degli alloggi sfitti e la domanda dei tanti che sono costretti all'occupazione.