Ora che le elezioni siciliane hanno delineato un quadro preciso della geografia politica nazionale, si parla di riproposizione pedissequa a livello nazionale (tra i più entusiasti, ovviamente, la coalizione vincente). E se sotto il vecchio "Ulivo" non c'è mai pace, per parafrasare uno storico film del dopoguerra, laddove le coalizioni sono già utopia (a meno che Renzi si "faccia a lato" come suggerito amorevolmente da D'Alema), figuriamoci un Nazareno bis, con alleanza "reprobe" al riformato e apparentemente compatto BSM (Berlusconi, Salvini. Meloni)

E i Cinque Stelle?

E qui arriviamo al punto più intricato della vicenda politica attuale: dove si colloca e con chi si colloca il Movimento?

In origine fu il gran rifiuto

Tutta la vicenda ha un punto speciale di inizio: il "gran rifiuto" a Bersani, come un schiaffo di Anagni in pieno volto, che faceva il paio con quello più sonoro delle allora elezioni che lo avevano visto scollare Berlusconi e alleati di poche migliaia di voti dopo annunci di smacchiamenti, leopardi e mucche nel corridoio. I grillini furono talmente netti nel rifiuto anche di una condivisione di punti programmatici che lasciarono intendere a tutti che era qualcosa di molto di più che semplice orgoglio politico o ossequio alla base (che in realtà non esisterebbe nel Movimento, dove "uno vale uno"), ma un modo d'essere e di fare politica innovativa.

Come ha osservato Massimo Cacciari, il dramma politico Cinque Stelle risiede tanto nel non avere i numeri per governare da solo, quanto nel non essere disponibile ad alleanze. Per il semplice fatto, allargando il concetto oltre le parole di Cacciari, che un partito nato per (non)statuto e vocazione post-ideologica, lo deve essere a maggior ragione ancor oggi per necessità, visto che raccoglie convinzioni personali di elettori che sono assolutamente bipartisan e forse anche tripartisan.

Una parte di elettori, quindi, non digerirebbe un abboccamento verso destra o verso sinistra, facendo implodere tutto. Il filosofo prosegue però anche congetturando una fratellanza molto più possibile a sinistra che verso la Lega per la natura di provenienza dell'elettorato e riconosce al Movimento il grande merito, forse non intenzionale, di essere stato un argine alla peggiore destra.

Dribblare questioni politiche

Lo stesso reddito di cittadinanza concerne lo svincolare il cittadino da forme estreme di bisogno economico e quindi da ragionamenti clientelari e di sfruttamento, per poterlo reinserire nel mondo del lavoro o alzare la soglia di povertà. Più pre-ideologico, quindi, che post, prima che il cittadino divenga elettore.

Ma stare in parlamento non può che significare votare ed è difficile fare il volo ad uccello sulle questioni politiche. Infatti ogni tanto il Movimento incappa in qualche tranello o sventatezza solitaria che deve frettolosamente recuperare con qualche parola d'ordine di Grillo. Lo testimoniano, ad esempio, da una parte le parole di un Grillo allarmato e "estremista" nelle espulsione degli irregolari potenzialmente terroristi, in piena linea con le posizioni leghiste, e dall'altra quelle della Nugnes, di soppesare e portare su piano europeo e internazionale il problema senza soluzioni avventate, molto più congeniali a posizioni piddine (nonchè quelle "politico-cristiane" di Papa Francesco che stanno infiltrando anche la politica nostrana).

Di necessità virtù?

E' pur vero, però, che se il Movimento rischia di fare la fine e dell'asino di Buridano, morendo di indecisione, potrebbe solo cercare, con uno sforzo politico e morale enorme ,di arrivare "lento pede" ad una maggioranza assoluta parlamentare sfruttando il probabilissimo stallo di ingovernabilità che verrà fuori dalla prossime elezioni politiche.

In questa granitica certezza e complice la prova della realtà, intanto, si levano intemerate voci di "necessità di alleanze" dal mondo grillino, come quella del deputato Andrea Cecconi, capogruppo a Montecitorio 5 stelle. Durante un convegno sull'odiato Rosatellum, avrebbe affermato che nel post-elezioni sarebbe stato inevitabile per i 5 stelle porsi il problema delle alleanze, dichiarazioni di poi smentita come "travisazione".

O le stesse parole del candidato Cancelleri che si spinse a parlare di nuovo "laboratorio politico" sulle alleanze, seppure smorzando con un possibilismo limitato solo su punti programmatici, che al tempo però fu negato alla prima vittima eccellente come detto: l'allora segretario PD. Insomma involontarie, rettificate o limitate che siano, le alleanze hanno trovato almeno un varco di studio nel mondo cinque stelle.