Michelle Obama è di fatto un’icona. Lo era diventata di suo già con la presidenza del marito Barack: una first Lady presente, anzi onnipresente, sicura, disinvolta e sempre impegnata politicamente al fianco, a lato ed in maniera accessoria nelle grandi tematiche liberal di una Presidenza di per sé già rivoluzionaria, col primo afroamericano entrato alla Casa Bianca come inquilino principale.

Lo stile Michelle

Michelle è un donna elegante, pure con delle forme abbondanti che qualche critica femminile l’avevano strappata, con una precisa idea di donna emancipata cui non ha voluto derogare neppure in Arabia Saudita, di indubbia intelligenza e doti oratorie.

Non sono rari i casi in cui ha strappato la scena al marito e tirato perfino la volata come in una famosa convention democratica. La sua parabola da First Lady ha forse avuto una sola, inspiegabile pecca: l’incontro con la nuova first lady, Melania Trump, ed un passaggio di regali forse inaspettato di fronte al quale era visibilmente imbarazzata. A toglierla dall'impaccio ci aveva pensato il marito che le aveva tolto di mano il regalo consegnandolo allo staff della sicurezza. Mistero buffo, ovviamente roba da gossip, di scarso rilievo, ma buffo.

Aveva puntato molto sui giovani, anche partendo da un flagello tipicamente statunitense ormai in estensione in tutto l’occidente: l’obesità giovanile.

Si era spesa in dimostrazioni, esercizi televisivi, consigli e moniti che pare qualche piccolo effetto l’abbiano avuto. E si era spesa per le opportunità giovanili nello studio, istituendo un giorno di “incoraggiamento” e sostegno ai giovani liceali perchè fosse più agile e partecipata l’iscrizione e la prosecuzione degli studi universitari.

Notissima infatti è la “esclusività”, il costo elevatissimo di mantenimento della istruzione superiore negli USA, poco accessibile alla stragrande maggioranza delle famiglie americane e superabile solo con straordinarie doti intellettive o sportive con relative borse di studio che anche ovviamente sempre ai pochi sono riservate.

'Reach Higher' ed il sogno americano

E così, proprio in questi giorni, ricade il “college signing day”, fortemente voluto dall’amministrazione Obama, segnatamente da Michelle, nel più vasto programma “Reach Higher”. Insomma “mira in alto” se ci si concede una licenza traduttiva ampia. Davanti ad 8.000 studenti, osannanti e ovviamente strafelici e dell’incitazione, e della madrina che i fan vogliono e invocano come “First Lady Forever”, Michelle non ha lesinato emozione, accorati appelli a credere fortemente in se stessi e, ovviamente, in quel sogno americano che ha portato un ragazzo di colore, di modesti mezzi economici, ma di grande coraggio e determinazione fino alla presidenza e la sua compagna di vita, aggiungeremmo, sulle ribalte internazionali più importanti e, almeno nei desideri di moltissimi simpatizzanti democratici, forse alla soglia della presidenza anch’ella, ma non oltre sembra.

Perchè il non detto è che, dal secondo mandato Obama e dal tracollo della grande presidente mancata Hillary Clinton, la voglia di rivalsa all’interno dei democratici è altissima per un sogno distrutto. Il sogno infranto da colui che più lontano non si potrebbe immaginare, dal presidente ideale dei liberal, quel Donald Trump che contro ogni pronostico, contro la stragrande maggioranza della pubblica opinione e perfino del suo stesso partito che non aveva lesinato critiche feroci e prese di distanza multiple, aveva in una sola notte incarnato il peggior incubo dell’america progressista. Dunque un nuovo presidente, un uomo straricco, irruento, amante del lusso, legato a concezioni conservatrici della famiglia, nemico giurato dell’immigrazione (grandissimo vanto dell’America liberale e accogliente), promotore dell’armamento capillare della popolazione laddove Obama e Clinton avevano giurato guerra alle armi, guerrafondaio e sostenitore controcorrente di un primato USA, tanto da farne il suo grande slogan elettorale “America First”.

Dal sogno di Hillary a quello...

Da quel lutto collettivo del mondo democratico, che ha dovuto seppellire il grande sogno quasi afferrato per una notte della prima donna presidente nella storia del paese, sembrava dovesse resuscitare un doppio sogno: la prima donna presidente e di colore della storia USA. E chi meglio di Michelle Obama? Verissimo che Michelle abbia continuato dalla decadenza del marito a curare attentamente le pubbliche relazioni, le interviste, le sue campagne come “Reach Higher”, nonchè e soprattutto l’immagine familiare, che è il background essenziale, quasi ossessivo per un biglietto di presentazione all’elettorato statunitense. Una famiglia di colore, ma dalle abitudini e modi perfettamente dell’alta borghesia, con una casa scelta a pochi passi dalla residenza ufficiale presidenziale, prima affittata e poi acquistata a quattro passi dagli affari politici della capitale.

E’ il quadro che ne viene fuori da un’intervista televisiva nello stranotissimo talk show di Ellen Degeneres, altra icona dell’opinion making democratico, in cui Michelle, ecco altro elemento indicativo, è riuscita anche a parlare di situazione sociale e Politica USA senza mai scorticare, ma neppure graffiare e nominare Trump, quasi a evitare perfino lo spettro di una prova di "scontro" presidenziale. Ma ha parlato tanto di “famiglia” ed ovviamente della sua, che sembra trasferisce unione e amore nelle case in cui alberga così come trasloca mobilia. Non ha lesinato dettagli e piccoli segreti, con tutto il corredo tipico della tipica famiglia americana: i cagnolini immancabili e viziati, l’amore tetragono tra lei e Barack, le due figlie impegnate tra corsi di studi e i tipici riti adolescenziali di quella età, gli spazi sempre poco sufficienti della casa, anche di una casa da favola come la loro.

Finale... forse, con sorpresa

Insomma vuole essere considerata First Lady Forever, in un'istantanea che vuole mettere per sempre nel ritratto ufficiale di famiglia, e scartare definitivamente l'ipotesi di essere la prima ad avere un First Gentleman ex-Presidente il che avrebbe sconvolto e sbancato tutto l’immaginario più azzardato della pubblica opinione democratica, facendone perfino impallidire la famiglia idolo per eccellenza e che mai temette insidie: il clan Kennedy.

Lo ha ribadito pubblicamente anche alla CNN di recentissimo che non intende prendere in considerazione nessuna carriera presidenziale, e neanche di avere passione politica, chiarendo di conoscerne molto bene il costo e la sopsensione di ogni forma di vera vita privata e familiare, cosa che le costerebbe troppo e non rientra nella sua personale visione di realizzazione di un percorso personale di donna, moglie e madre.

I suoi progetti saranno altri, tutti però compatibili e incorniciabili in quel FLF, senz'altro, ma senza varcare quel perimetro.

A proposito, nell’intervista alla DeGeneres viene finalmente svelato il piccolo giallo del pacchetto azzurro con cui Melania Trump tanto atterrì la disinvolta Michelle. Era semplice paura del protocollo, di dover forse scattare una foto, insomma di rompere l’etichetta dei doni. Fu provvidenziale il marito premuroso. E chissà sulla strada di rivincita dei liberal americani non appaia un incubo imprevisto come per la povera Hillary: proprio Melania, donna, discreta, bellissima e poliglotta, che tanto orgoglio sta suscitando nelle donne americane nel tener testa nientemeno che a certe “pretese” di Donald il Presidente di tenerle in pubblico la mano, e anch'ella così dignitosa da non regalare nessuna concessione agli arabi nel vestire, pur conservando tutti i doveri e le qualità di una perfetta moglie americana. Chissà.