Diciamo la verità: era da tempo che Sky non programmava una serie di spessore. Poi, per caso, quando la seconda serie di "Modus" - tratta da un bestseller di Anne Holt - ci occupava, ma sempre con minore attenzione, data la troppa lentezza, dallo Skyset è emerso "Here and Now - Una famiglia americana", un nuovo prodotto Hbo (che di solito produce Serie TV di qualità) che ci ha appassionati fin dai primi frame.
L'ideatore di questa produzione che si presenta come una classica commedia nera americana, che costituisce un orgoglio autoctono che sa guardare ed emendare i propri errori, è Alan Ball, lo sceneggiatore che nel 2000 fu premiato con l'Oscar per "American Beauty".
Poi c'è la trama, subito "in medias res": i Boatwright sono la classica famiglia americana liberale che vota democratico. Greg (Tim Robbins) il marito-padre, è un insegnante di filosofia, guru e decisamente passionale. Audrey Bayer (Holly Hunter), la moglie-madre, è la tradizionale avvocatessa che passa più tempo alle feste per l'indipendenza di un Paese africano che con i figli. Hanno una figlia biologica, la diciassettenne Kristen (Sosie Bacon), che adora i social e fuma cannabis, ed altri tre figli adottati: un colombiano, una liberiana ed un vietnamita (Daniel Zovatto).
Guardare dentro il proprio vuoto
Proprio quest'ultimo, Ramon, che ha fatto coming-out della sua omosessualità, inizia a vedere cose che non ci sono, come delle schermate di orologi che riportano l'orario 11:11.
Come ben sa chi utilizza i social, questi tag non sono sconosciuti ai loro utenti: si tratta di una particolare filosofia di vita che abbracciano coloro che vedono qualche cosa di diverso rispetto all'ordinarietà vitale.
Ramon sarà il prescelto per vedere ciò che i Boatwright sono diventati: una famiglia americana appartenente ad una determinata borghesia delle professioni, liberale e progressista che, in realtà, è solo un nucleo privo di legami affettivi.
La filosofia che sostiene questa cellula della società - ma forse anche gli altri sacelli sociali - è quella di pensare che si viva sempre un eterno presente da riempire con attività che occupano il tempo, ma che non danno alcuna risposta alle domande di senso che dovrebbero caratterizzare un percorso individuale o comunitario.
A ben vedere, è proprio questo che manca: una qualsivoglia idea di comunità che non diventi rovello. "Non è una malattia. Non tutto quello che facciamo è malattia", dice Kristen al supermercato alla mamma Audrey, donna in perenne e personale analisi.