Da diverso tempo tra l'attuale presidente dell'Ungheria Viktor Orban e il noto finanziere George Soros non corre buon sangue. Difatti, Orban sostiene che Soros sia il 'principale nemico della nazione' e che miri a 'distruggere l'identità nazionale' magiara tramite il sostegno all'attuale immigrazione di massa. Secondo l'attuale presidente ungherese, per attuare tale piano Soros si servirebbe delle organizzazioni non governative di stampo umanitario da lui fondate, come la 'Open Society Foundation', o sostenute. Sulle relazioni tra Orban e Soros, c'è da ricordare che inizialmente erano alleati e lo stesso Soros favorì l'ascesa di Orban all'interno del partito di governo di centrodestra 'Fidesz'.

Il nuovo attacco del presidente dell'Ungheria: 'Almeno 2000 oppositori sono agenti del network sorosiano'

Recentemente, lo 'scontro ideologico' e politico tra Orban e Soros si è ulteriormente radicalizzato. Difatti, in occasione delle vicine elezioni, lo stesso Orban ha deciso di 'alzare il tiro' e di accusare 2000 oppositori di essere 'nemici della nazione'. Il fatto è che tali 2000 oppositori dell'attuale governo del paese est-europeo sarebbero sostenuti e/o vicini alla cosiddetta 'rete di Soros'. Alcuni analisti e opinionisti hanno sostenuto che tali nuove accuse di Orban sono volte ad aumentare il suo consenso e ad 'intimidire' una parte importante dell'opposizione in vista delle già citate elezioni dell'8 aprile 2018.

Le differenze ideologiche tra il governo ungherese e i sostenitori di Soros

Sullo scontro Orban-Soros, c'è da sottolineare che i due sono portatori di alquanto diverse interpretazioni della società e della politica internazionale. Difatti, Orban e i gruppi di potere egemoni in Ungheria si fanno portavoce di un nazionalismo populista di stampo chiaramente identitario e fortemente critico all'immigrazione di massa.

Inoltre, lo stesso governo sostiene che sia in corso una graduale 'islamizzazione dell'Europa' attraverso gli stessi flussi migratori. Di tutt'altro parere sono Soros e i suoi sostenitori, i quali affermano che non bisogna chiudere totalmente le frontiere nazionali e che c'è la necessità di creare una società maggiormente 'aperta' e fondata su 'istanze progressiste'. Oltre a ciò, il finanziere e il suo 'network' ritengono necessario fermare la crescita del sentimento nazionalista nell'Europa occidentale ed orientale.