Dopo gli eventi della facoltà di diritto di Montpellier, lo scorso 22 marzo, la protesta degli studenti contro la legge Vidal, più nota come legge ORE, (Orientation et Réussite des étudiants) si è estesa in tutta Francia. A Parigi, uno dei principali campus dell’università Sorbonne è occupato da ormai tre settimane. La legge ORE, promulgata l'8 marzo dal presidente Emmanuel Macron, prevede nuovi criteri di selezione all’università e di fatto chiuderà ermeticamente l’accesso secondo criteri arbitrari alle università pubbliche più rinomate. Inoltre, il numero di posti di ogni facoltà verrà scelto in base alle possibilità di sbocchi lavorativi in seguito al diploma.

E la legge prevede infine un re-orientamento automatico nel caso in cui uno studente faccia richiesta per un’università non considerata alla sua portata.

Il 'maggio francese', 50 anni dopo

Gli occupanti del centro Pierre Mendes France, o centro PMF, sono circa duecento studenti, professori e impiegati amministrativi. Dallo scorso 26 marzo abitano il centro, impedendo il regolare svolgimento delle lezioni e di tutte le funzioni amministrative che il centro ricopre normalmente ed organizzano conferenze e manifestazioni. Sono circa diecimila gli studenti che non possono più seguire i corsi. Gli occupanti chiedono l'abrogazione della legge, le dimissioni di Macron e un voto comune di 10/20 agli esami finali che si dovrebbero tenere a maggio.

Hanno votato in assemblea generale l’occupazione ad oltranza, dichiarato il campus “università aperta’’, e si augurano che il maggio 2018 possa prendere ispirazione da quello del ’68.

L'occupazione

L'occupazione del centro ha diviso gli studenti. Da una parte, chi sta lottando contro la legge si sente l'erede della tradizione rivoluzionaria che da sempre incita i giovani a scendere in piazza per difendere i loro diritti.

La manifestazione è fondamentale per chi si sente coinvolto a livello politico, sopratutto in uno stato come la Francia. Dall'altro lato, gli studenti che vorrebbero seguire le lezioni e che non possono si sentono ingiustamente messi in difficoltà dai loro stessi compagni. Questo ha fatto sì che altre assemblee studentesche - in particolare, quella degli studenti della facoltà di filosofia - si siano riunite per cercare una linea d'azione comune.

Inoltre, hanno intenzione di presentare una controproposta di legge.

Il presidente dell'università non ha preso posizione fino a stamattina, quando in un comunicato ufficiale ha deciso di ricorrere all'intervento delle forze dell'ordine per sgomberare il centro PMF dopo tre settimane di occupazione.

Ribellione e repressione

In un articolo pubblicato recentemente sul quotidiano Libération, il filosofo spagnolo Paul Breciado analizza la diffusione della democrazia in occidente e sostiene che "attorno a noi ci sono le condizioni istituzionali che permettono l’affermazione di quella che potremmo chiamare democrazia repressiva". Con “democrazia repressiva'', Breciado intende quel neoliberismo spietato che sta letteralmente soffocando l'Europa.

Stermini, espulsioni, umiliazioni, saccheggi e repressioni. Sopratutto per quanto riguarda l'espressione del dissenso, si può parlare di una democrazia sovrana che giustifica la restrizione dei diritti di ogni opposizione. Pierre Rosanvallon, storico e sociologo francese, sottolinea che questo tipo di democrazia non fa che portare a compimento la visione di un governo che unisce un'estremizzazione della legittimazione tramite l'elezione ad un'esaltazione della responsabilità politica. Ma se il voto maggioritario è il principio incontestabile per la scelta dei governanti, non è assolutamente un principio di giustificazione permanente delle loro azioni una volta eletti.

Breciado Inoltre nell’articolo denuncia la condanna del rapper spangolo Valtònyc a due anni e sei mesi di prigione per vilipendio della corona spagnola e incitamento al terrorismo.

Questo a causa delle seguenti parole : "Ho il diritto alla ribellione, non importa se non è legale. Questa costituzione non lo prevede. Che il tribunale mi processi e mi chiuda in carcere, come farebbe l’inquisizione, come se fossi un eretico. Resistere significa vincere". L'idea della resistenza è quella che ha animato gli studenti occupanti fino ad adesso. Sebbene si possano contestare la legittimità e la giustizia dell'occupazione e più in generale del fatto di impedire di seguire le lezioni e di dare esami ad altri studenti non necessariamente schierati, allo stesso tempo è difficile criticare gli studenti che hanno preso una posizione chiara opponendosi fattualmente alla legge. Resistere fa parte delle loro libertà, e nella contestazione della resistenza bisogna fare le giuste differenze: non è un diritto, la ribellione, ma è una libertà.

Già il filosofo Thomas Hobbes, conosciuto per le teorie di stampo assolutista descritte nell'opera il Leviatano, ammetteva che i cittadini avessero la libertà - e non il diritto - di disobbedire ed eventualmente ribellarsi.

L'uomo e le circostanze

"La storia è stata distrutta e il terrore è tornato in superficie", scrive ancora Breciado. Potrebbe essere la risposta al perché molti studenti francesi hanno sentito il bisogno di schierarsi nettamente da un lato o dall'altro: al posto di lasciar cadere come tutto il resto l'eredità storica che sentono, hanno deciso di raccoglierla. Non passa inosservato il fatto che siano passati cinquant'anni dal maggio del 1968. Ma non si tratta della ricerca di una forma di legittimazione, quanto piuttosto una forma di ispirazione nostalgica che permette agli studenti e professori schierati un senso di appartenenza e, appunto, di libertà.

Appartenenza, per esempio, ad una categoria che si sente minacciata dalle azioni del governo - legittime, ma non sempre giustificabili - e che è giusto che difenda le circostanze che la caratterizzano come tale. Perché circostanze? Con circostanza si intende una situazione che si accompagna ad un fatto, determinandone la natura e dandogli un particolare significato o importanza. Senza questa, l'importanza della cosa si perde. La libertà nell'accesso all'università pubblica può essere un esempio di circostanza. Un altro filosofo spagnolo, José Ortega y Gasset, scriveva "Io sono io e la mia circostanza e se non salvo questa non salvo neppure me" nelle "Meditaciones del Quijote." E salvare le circostanze, ogni tanto, può significare doverle difendere.