A nessuno sfugge come le odierne discussioni politiche volte alla formazione di un nuovo governo siano ricche di veti ma nel contempo molto povere di accenni ai programmi.

Ovvero il dibattito tra i partiti verte sul “con chi” sono disposti, o non disposti, a collaborare e non sul “per che cosa”.

Il nuovo governo ed i 6.000 esodati esclusi dalle precedenti salvaguardie

La campagna elettorale invece è stata ricca di promesse di programmi per un nuovo esecutivo, senza peraltro che le forze politiche si siano preoccupate di valutare le implicazioni economiche relative a queste promesse.

In campo sociale uno dei temi più sfruttati in fase preelettorale è stato quello delle pensioni, anche con generiche promesse di abolizione della riforma Fornero: i proponenti però non si sono esposti nel precisare quali regole avrebbero sostituito questa riforma, ovvero attraverso un ritorno alle regole precedenti, od attraverso una nuova riforma pensionistica ancora da definire.

In campagna elettorale il tema degli esodati tuttora esclusi dai precedenti provvedimenti di salvaguardia è stato sfruttato solo marginalmente da poche forze politiche: si ritiene che il disinteresse per l’annoso problema esodati sia dovuto allo scarso ritorno elettorale consentito dal sanare un’ingiustizia che coinvolge 6.000 famiglie circa.

Cosa possono aspettarsi gli esodati adesso?

Ad elezioni avvenute gli esodati esclusi da precedenti salvaguardie si chiedono quale potrà essere il loro destino, ovvero se avranno adesso finalmente riconosciuti i loro diritti attraverso una nona definitiva salvaguardia. Un altro intervento previdenziale di cui si sente ora parlare, ovvero la “quota 100”, non restituirebbe agli esodati il diritto negato dalle precedenti salvaguardie, ancorché la necessaria quota di contributi sia raggiungibile da chi è stato estromesso da anni dal mondo del lavoro; stesso discorso vale per l’APE, che non è intesa per restituire il diritto alla pensione negato ad un esodato.

Questi 6.000 esodati attendono con ansia la formazione del nuovo governo per avere finalmente giustizia: quando il nuovo governo si sarà insediato, questi dovrà affrontare il problema esodati con la stessa priorità dovuta ad altri temi già sul tavolo, come gli impegni di controllo dei conti pubblici richiesti dall’Europa, quelli relativi ai recenti conflitti internazionali, o quelli dovuti all’instaurazione di tariffe doganali, solo per citare i più rilevanti.

Una soluzione definitiva al problema esodati è facilmente finanziabile con l’utilizzo delle risorse economiche risparmiate dai precedenti provvedimenti di salvaguardia

Se i tempi per la formazione e l’insediamento di un nuovo governo dovessero ulteriormente dilatarsi, gli esodati esclusi si aspettano che sia quello attualmente in carica, guidato dal presidente Gentiloni, a dare finalmente soluzione al loro problema attraverso un decreto legislativo.

I 6.000 esodati sono stati esclusi dalle precedenti sanatorie a causa di differenti ed iniqui requisiti sulla data di maturazione del trattamento pensionistico; alcune categorie di esodati hanno già visto trascorrere la data di maturazione del trattamento pensionistico (6 gennaio 2018) e quindi non percepiscono la pensione che sarebbe loro già spettante se non fossero stati esclusi da precedenti salvaguardie.

In assenza di una definitiva salvaguardia, per molti dei 6.000 esclusi l’unica trattamento pensionistico in cui possono sperare date le vigenti regole è la pensione di vecchiaia, adesso posta a 67 anni, che per molti di loro corrisponde ad un’attesa di ulteriori 6 anni, da sommarsi a quelli finora trascorsi dal momento della perdita del lavoro, che per gli esodati è antecedente all’inizio del 2012.

Sia il governo attuale che quello futuro hanno il dovere di sanare questa ingiustizia, dimostrando sensibilità verso un grave problema che si trascina dall’inizio 2012.