Fino ad una settimana fa si leggeva sulle pagine di ogni giornale della pugnalata alla schiena inferta dagli Stati Uniti ai curdi, un voltafaccia che ha lasciato aperta la porta alla guerra propagandista di Erdogan e dei suoi mercenari. Il mondo intero si è indignato di fronte ad un tradimento forse un po' aspettato ma certamente non sperato, alle sofferenze di un popolo che ha combattuto per la libertà sua e del mondo occidentale contro le forze del califfato.

Una guerra durata pochi giorni e risoltasi con l'abbandono dei Rojava di una striscia di territorio larga 30 km circa, la cifra che l'autocrate turco aveva preventivato.

Due settimane dopo l'inizio della vicenda arriva una seconda news scioccante ma, questa volta, in modo positivo.

Il leader dell'ISIS Abu Bakr Al-Baghdadi è stato ucciso durante un'operazione congiunta delle forze americane e curde, avvenuta grazie alla complicità di Turchia, Russia e Iraq. Una strana alleanza se si pensa solo agli eventi di qualche giorno prima.

Sono questi eventi collegati?

Da qui in avanti di queste parole non v'è certezza, sono supposizioni molto probabilmente erronee ma che non costa nulla mettere per scritto, fosse anche solo per il gusto di una visione angolare degli eventi. Sappiamo che Erdogan stava perdendo consensi in patria, ad Ankara e Istanbul la sua maggioranza era svanita e necessitava di rinvigorire la propria immagine insieme all'economia del paese.

Come ogni volta la risposta a queste necessità trova risposta nella guerra contro l'arcinemico curdo. Ma come fare con gli americani in mezzo ad impedire la cosa? Proponendo uno scambio. Ma quale? Abu Al-Baghdadi. Si sa che Erdogan è stato molto vicino alle forze jihadiste in questi anni quindi perché non suppore che abbia avuto accesso agli spostamenti del leader supremo del califfato?

Proporlo in pasto agli americani in cambio di un ritiro delle truppe poteva essere un affare per entrambi. Un doppio favore che rilevava le truppe USA da una scomoda e dispendiosa posizione di paciere al confine. E i curdi? Dopo essere stati pugnalati alle spalle ancora aiutano gli Stati Uniti? Sono forse l'ex di turno che non si vuole arrendere al finire della relazione?

E se invece avessero, loro malgrado, accettato di perdere una piccola porzione del territorio e qualche soldato (perché la guerra senza morti non si può fare) come male necessario a causa di una posizione scomoda, ma in cambio di qualche pezzo di carta che riconosca loro i diritti che chiedono? In questo scenario tutti vincono.

Erdogan ritrova l'amore del popolo, Trump ottiene il disimpegno delle truppe e porta a casa la testa del leader del califfato, i curdi si tolgono gli occhi famelici dei nemici di dosso e ottengono delle concessioni, Assad e i russi espandono la loro influenza nella zona. Tutti vincono... tranne quei morti della guerra di propaganda. Ma forse, queste chiacchiere da bar, sono ben lontane dalla realtà.