La pandemia da coronavirus che ha colpito il mondo in questo nefasto 2020, ha messo in crisi numerosi settori dell'intero comparto economico italiano e non solo. Tra tutti questi, un movimento messo in crisi è sicuramente il calcio dilettantistico. Dopo l'ultimo DPCM emanato dal governo infatti, tutti i campionati regionali calcistici sono stati sospesi fino al 3 dicembre.

Calcio dilettantistico fermo da marzo

Con questa decisione, il calcio dilettantistico regionale è, in pratica, fermo da marzo, ovvero dall'inizio della pandemia. In tutto questo tempo, nonostante numerose dichiarazioni da parte delle istituzioni che gestiscono il calcio dilettantistico, non si è provveduto all'adozione di alcun tipo di protocollo in caso di positività di un tesserato, lasciando alle società il compito di gestire la situazione, che in tutti casi prevede l'isolamento domiciliare per tutto il gruppo squadra.

Dobbiamo ricordare che gli atleti dilettanti per la maggior parte dei casi, svolgono questi campionati per divertimento e non per compenso, e in questi casi sono costretti ad essere isolati per 10 giorni, perdendo giorni di lavoro e trovando quindi difficoltà a continuare l'attività sportiva.

Il caso Atletico Capranica

Emblematico il caso dell'Atletico Capranica, società della provincia di Viterbo militante nel girone A di Prima categoria laziale, che nelle uniche tre giornate di campionato giocate prima dello stop, si è presentata con appena 7 effettivi e di fatto perdendo le partite a tavolino.

In seguito a queste decisione, numerose squadre hanno seguito il comportamento dell'Atletico Capranica, spedendo una lettera al Comitato regionale Lazio, chiedendo la sospensione del campionato, adducendo le seguenti motivazioni: L'isolamento domiciliare imposto ai giocatori e allo staff va ad inficiare la vita lavorativa, il mancato incasso di biglietti e abbonamenti e soprattutto la volontà sia di giocatori che di dirigenti nel portare avanti una situazione che crea stress e tensioni, nonché per le società responsabilità civili e penali.

Quale futuro per il calcio dilettantistico?

Questa situazione, si unisce a numerosi rinvii in tutti i gironi del paese, in tutte le regioni, senza che nessuna delle istituzioni competenti, riesca in qualche modo a chiarire il come operare in questa situazione drammatica non solo dal punto di vista sanitario, ma anche economico.

Già ad aprile, in pieno lockdown, il presidente della lega nazionale dilettanti Sibila si espresse in questo modio riguardo la possibile sospensione: "Abbiamo manifestato al governo i nostri timori circa la ripresa delle attività, il calcio di base in Italia coinvolge oltre un milione di tesserati e circa 12mila società. L’emergenza Covid-19 ha messo in ginocchio la nostra economia, fatta di piccoli imprenditori che sostengono il calcio di base, ci aspettiamo dunque vicinanza concreta altrimenti rischiamo di perdere il 30% delle società".

"Abbiamo manifestato al governo i nostri timori circa la ripresa delle attività, il calcio di base in Italia coinvolge oltre un milione di tesserati e circa 12mila società. L’emergenza Covid-19 ha messo in ginocchio la nostra economia, fatta di piccoli imprenditori che sostengono il calcio di base, ci aspettiamo dunque vicinanza concreta altrimenti rischiamo di perdere il 30% delle società".

C'è da chiedersi perché, nonostante fosse chiaro sin da marzo a quali problemi si andasse incontro con la ripartenza dei campionati , non si sia riusciti a creare un protocollo sanitario che avesse potuto in qualche modo tutelare le migliaia di società dilettantistiche, lasciandole invece sole nel momento più difficile.