Donne, lavoratori autonomi, impiegati a tempo determinato, soggetti nella fascia d’età 25-49 anni. Sono loro a pagare il prezzo più alto dell’impatto del Covid-19 sul mercato del lavoro che chiude il 2020 con un confronto annuo di 444mila posti di lavoro in meno. Tra l'aumento del tasso di disoccupazione giovanile e la fragilità lavorativa delle categorie più deboli, è questa la triste fotografia restituita dalla stima provvisoria Istat. E se al malessere professionale uniamo gli effetti psicologici, ciò che osserviamo è la disarmante progressione dell’incertezza del costruirsi una progettualità al giorno d’oggi.

I dati dell’Istat sul mercato del lavoro

I report appena diffusi dall’Istat sono a dir poco allarmanti. Dall’inizio dello stato d’emergenza nazionale - dichiarata il 31 gennaio 2020 - lo scorso anno si è chiuso con il tasso di occupazione sceso di 426mila posti, con la fascia degli under 50 ad essere la più colpita. A ciò va sommato quanto esposto dalle statistiche di dicembre 2020, le quali sanciscono il crollo dell’occupazione femminile, con 312mila donne ad aver visto scomparire il posto di lavoro.

Aggiungiamo, ancora, la disoccupazione giovanile che è tornata a sfiorare il 30% - posizionando l'Italia come fanalino di coda nel panorama europeo - e il quadro è dipinto, drammaticamente.

L’ora X di un disagio sociale

Un anno fa venivamo bruscamente catapultati in una nuova realtà fatta di lockdown, restrizioni, DPI e zone rosse. Prima di allora non avevamo mai avuto così tanta paura del nostro essere naturalmente animali sociali e dell’idea di un futuro che sembra scivolarci via un po’ come fosse olio tra le mani.

Era il 30 gennaio 2020 quando in Italia arrivò la conferma dei primi due casi di Coronavirus sul territorio nazionale e forse nessuno avrebbe mai potuto immaginare la portata dell’assurdo scenario che avremmo vissuto da quel momento in poi. Il giorno dopo, il Consiglio dei Ministri dichiarò lo stato d'emergenza, dividendo il Paese in due fazioni: da un lato chi iniziava ad essere terrorizzato e dall'altro, invece, chi insisteva nello sminuirne la reale grandezza.

Impossibile da negare è che in quegli attimi - scanditi da una diretta televisiva nazionale ed un susseguirsi di Dpcm - entrammo definitivamente in un circolo vizioso di cui faremo fatica a cancellare i segni.

Il peso dell’incertezza tra precarietà e mancanza di prospettive future

Quello nella pandemia è stato come un salto nel vuoto impossibile da terminare senza cadere. Tra lavoratori precari, liberi professionisti in difficoltà e aziende sull’orlo del baratro, le donne si ritrovano a dover ancora difendersi da un'arcaica instabilità lavorativa e i giovani restano disoccupati e demoralizzati. Infatti, che siano studenti, neolaureati o in cerca di occupazione, la loro unica colpa è quella di essersi affacciati, per la prima volta, su un mondo del lavoro talmente danneggiato da non avere né garanzie sul presente né prospettive future da offrire.

Il mercato del lavoro continua ad essere in affanno: nel confronto annuo l'occupazione subisce notevoli danni con 444mila lavoratori in meno e la disoccupazione si fa sentire sempre di più sul tenore di vita. La pandemia ha sottratto alla quotidianità ogni possibilità di immaginare e fare progetti.

Manca la capacità di guardare al di là dell'oggi e con essa è scomparsa quella progettualità radicata nei comportamenti di ogni individuo. La stessa progettualità che si rispecchia in quella sacra spinta vitale che permette di generare l’energia e l’impegno necessari per assicurarsi un’esistenza soddisfacente e dignitosa.