Si è tenuto in questi giorni il secondo appuntamento della rassegna Libri Liberi che dal 6 marzo al 21 dicembre porta i classici della letteratura ai detenuti di varie carceri. Nel secondo appuntamento, l'iniziativa culturale itinerante ha fatto tappa nel carcere di Secondigliano, dove è stato letto Cent'anni di solitudine di Gabriel Garcìa Màrquez. Un classico della letteratura il cui messaggio è molto adatto a chi è privo della libertà e ha bisogno di ricominciare anche e soprattutto quando questo sembra difficile o impossibile.

La rassegna Libri Liberi

Promossa dalla Fondazione De Sanctis con il patrocinio del ministero della Giustizia - dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e dipartimento per la giustizia minorile e di comunità - e in collaborazione con il Centro per il libro e la lettura del ministero della Cultura, si è tenuto in questi giorni il secondo appuntamento della rassegna Libri Liberi per poter consentire ai detenuti nelle carceri di conoscere i classici della letteratura che contengono messaggi molto importanti dal valore universale. All'iniziativa prendono parte un attore o un'attrice insieme a uno scrittore o una scrittrice che presentano ai carcerati i capolavori della letteratura che sono diventati dei classici perché contengono valori e insegnamenti intramontabili.

Per il secondo appuntamento, svoltosi nel carcere di Secondigliano, sono intervenuti lo scrittore Maurizio de Giovanni e l'attore Fabrizio Bentivoglio che hanno letto alcuni passi delle prime pagine del libro del premio Nobel Gabriel Garcìa Màrquez Cent'anni di solitudine.

"La lettura di un classico come Cent'anni di solitudine può essere un momento creativo, anche in carcere": lo ha detto uno dei detenuti del carcere di Secondigliano coinvolti nella rassegna Libri Liberi.

"Ma leggere è un lavoro, se stiamo leggendo non possiamo pensare ai fatti nostri", ha commentato de Giovanni.

Dopo la tappa di Secondigliano, la rassegna continuerà il 27 marzo nel carcere Opera di Milano e toccherà successivamente varie carceri italiane fino al 21 dicembre, con l'ultima tappa nell'istituto minorile di Nisida dove Antonio Franchini e Marianna Fontana racconteranno e leggeranno ai ragazzi L'amico ritrovato di Fred Uhlman.

Il messaggio di Cent'anni di solitudine

Sicuramente i testi da leggere nelle carceri sono accuratamente selezionati in modo che il messaggio sia attinente alla situazione vissuta dai detenuti che sono privi della libertà. Il libro Cent'anni di solitudine ha come obiettivo quello di far sentire molto nitidamente al lettore il fatto che il mondo e la storia familiare proposti dal capolavoro di Màrquez si sviluppa in un tempo circolare che si ripete sempre ed è colmo di possibilità per ricominciare. L’intera famiglia si fa emblema e rappresentazione di un messaggio molto eloquente, di un modo di vivere senza restare indifferenti, continuando a lottare per cambiare tutte le cose che non vanno bene.

La solitudine di cui si parla nel libro è soprattutto una condizione mentale che i discendenti di Jose ereditano e, al tempo stesso, si tramandano di generazione in generazione. È una specie di introversione psicologica. Per lo stesso Marquez la solitudine corrisponde all’incapacità di amare e offrire solidarietà ad altri.

Un'iniziativa davvero encomiabile che consente a chi vive una situazione che potrebbe essere avvertita come senza uscita, di poter cominciare già da essa a capire come vivere meglio in un presente difficile, comprendendo che c'è sempre la possibilità di migliorare e cambiare tutto. Non è mai troppo tardi per farlo e si ha sempre un modo per poter scegliere, anche se a volte potrebbe sembrare che non sia così.