Un incontro raccolto e partecipato quello che si è svolto sabato 28 settembre a Palazzo Drago, a Palermo, inserito come evento collaterale della mostra internazionale di fotografia del più grande concorso di fotogiornalismo mondiale, il World Press Photo 2019, e che ha visto protagonista Letizia Battaglia, direttrice del Centro Internazionale di Fotografia ai Cantieri culturali della Zisa, a Palermo, e gigante della fotografia, che ha raccontato attraverso le sue foto, la Palermo degli "anni di piombo". A dialogare con lei il collega Roberto Timperi e il giornalista Totò Rizzo che ha moderato l'incontro.

Una storia di sangue e lacrime

Capelli biondi e sigaretta a farle da compagna inseparabile, aperta e disponibile: così si presenta al suo pubblico Letizia Battaglia, la donna che ha fatto la storia della fotografia nazionale ed internazionale e che seppe farsi spazio in un mondo dominato dagli uomini.

Una prerogativa di genere che calzava stretta ad una donna dal temperamento deciso, ma dall'animo sensibile e che ben presto la vide abbattere tutti i suoi schemi e la consacrò a ciò è oggi: la donna che raccontò attraverso le foto la Palermo degli "anni di piombo".

Un racconto, quello della fotografa, fatto di esperienze, di avventure e di scelte fatte senza mai accontentarsi che è diventato un invito rivolto a tutti i giovani presenti per dire loro di non rassegnarsi mai e di vivere sempre seguendo i propri sogni.

Anche tanta paura e nostalgia hanno attraversato le parole della fotografa che ha ricordato quanto fosse bello chiudersi dentro la camera oscura e vedere, piano piano, vedere l'immagine apparire di fronte agli occhi, ma anche quanto le facessero paura le foto chiuse all'interno di un baule in quanto segni indelebili del nostro passato che nessuno avrebbe mai potuto conoscere.

In merito alla differenza tra una foto buona ed una non buona, la Battaglia si è espressa con cautela in quanto il giudizio su questo argomento non dipende esclusivamente da ragioni tecniche, ma soprattutto dalla percezione, dal senso estetico e dalla cultura di chi la osserva. Per questa ragione, è molto difficile poter esprimere un giudizio assoluto.

La fotografa, a margine dell'incontro, ha parlato anche di un suo "momento di difficoltà personale" durante il quale non è riuscita a recarsi sul luogo di lavoro per scattare le sue foto: quel luogo era il tratto autostradale di Capaci, a Palermo, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la compagna Francesca Morvillo e gli agenti della sua scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Un episodio che colpì duramente la Battaglia già reduce da diversi reportage che raccontavano violenze, sangue e morte per mano della malavita organizzata siciliana, ma che non la fermò nel suo percorso sia professionale che di vita.

È sua, infatti, la foto che ritrae il volto della vedova dell'agente Vito Schifani durante i funerali di tutte le vittime della strage di Capaci: un volto avvolto dalle ombre del dolore che mostra il coraggio silente e consapevole di una donna che ha perso tutto, ma non la sua dignità.