Dopo i sindacati, la burocrazia di stato e l'Europa del rigore, altro pilastro della retorica renziana - nell'accezione neutra di "sistema argomentativo" - sono le Regioni e in particolare i consigli regionali, che negli anni si sono rivelati un tritatutto micidiale, soprattutto di denaro pubblico. Dall'Emilia Romagna alla Sicilia, al Lazio, alla Lombardia, al Piemonte - solo per citare gli esempi più clamorosi - il sistema dei rimborsi ha consentito introiti extra direttamente nelle tasche dei consiglieri regionali: basta dichiarare che le spese sostenute - come hanno dimostrato le indagini anche per iniziative fittizie - siano correlate ad "attività di partito".
"Basta spese pazze, elimineremo i rimborsi ai partiti dei consigli regionali" ha dichiarato perentoriamente il Presidente del Consiglio in una trasmissione televisiva. Poi è volato a Berlino, dove ha incassato - e non era affatto scontato - l'endorsement di Merkel: "Sono rimasta veramente impressionata, si tratta di un cambiamento strutturale", così la Cancelliera ha commentato i piani del governo, prima di ricordare però che le regole esistono e vanno rispettate: "Se l'Italia ha detto che rispetterà il Patto di Stabilità non vedo perché dovrei dubitarne".
Intanto è cronaca quotidiana una nuova inchiesta che prende di mira un organismo regionale: si tratta della Consulta degli emiliani all'estero, che avrebbe elargito finanziamenti ad associazioni non in possesso dei requisiti necessari per richiederli.
Va detto però, a scanso di equivoci, che in tal caso la Regione Emilia Romagna sarebbe parte lesa. In ogni caso, la liason tra associazioni e viale Aldo Moro - la sede della Regione Emilia Romagna a Bologna - è verificata e di vecchia data: a Natale 2009 alla giunta Errani sono bastati 30 minuti per erogare finanziamenti a pioggia da quasi un miliardo di euro. Per la precisione 963.401.833 euro: a beneficiare del denaro pubblico molte associazioni.