Non vi è un solo cittadino, di destra, di sinistra, di centrodestra, di centrosinistra o del Movimento 5 stelle che non abbia manifestato o non manifesti tuttora una grande insofferenza nei confronti della politica. Non sarebbe stato quindi difficile pronosticare una bassa affluenza per il rinnovo dei consigli regionali in Emilia Romagna e in Calabria. Proprio in queste due regioni ieri si è andati al voto, i seggi erano aperti dalle 7 alle 23 e l'affluenza è stata molto bassa, una media del 40%: circa il 44% in Calabria e il 37.67% nella "rossa" Emilia, in quest'ultima è il dato più basso dal dopoguerra ad oggi.
Come detto non era difficile pronosticare un risultato del genere, la disaffezione verso la classe politica in questo periodo è veramente molto grande nel nostro Paese. La colpa, in gran parte, è di una classe dirigente che non ha mai saputo, in questi anni, né rinnovare se stessa né attuare una serie di riforme imprescindibili per poter far ripartire l'economia e far tornare il Paese competitivo sui mercati. D'altro canto è curioso osservare come una regione storicamente molto legata ad una certa area, come l'Emilia Romagna, mostri questo distacco dalla politica. Probabilmente, in certi posti più che in altri, questo è indice di un certo distacco tra politica e vita reale.
Ha vinto il Partito Democratico, in Emilia il suo candidato Stefano Bonaccini ha preso il 49.05% dei voti mentre in Calabria Mario Gerardo Oliveiro ha preso il 61.53%.
Molto bene la Lega Nord che, specie in Emilia, ha quadruplicato il suo bottino di voti arrivando al 19%. Forte ridimensionamento di Forza Italia e del Movimento Cinque Stelle, specie in Calabria, dove i pentastellati hanno raccolto un misero 4% con il candidato Cono Cantelmi. Nel Pd erano convinti di portare a casa la vittoria in entrambe le regioni, ma sottolineano che il voto non rappresenta un giudizio sull'attività del governo.
Tuttavia è importante sottolineare come per la prima volta nella rossa Emilia il centrosinistra prende meno del 50% dei voti, uscendo molto ridimensionato rispetto le precedenti elezioni regionali.
Come detto dunque affluenza bassa, nonostante siano state molte le figure di rilievo della società civile che hanno invitato a recarsi alle urne, l'ex Presidente del Consiglio e della Commissione Europea Romano Prodi all'uscita dal seggio di appartenenza, ha dichiarato che "il voto è l'unico filo che ci lega sistematicamente alla democrazia, quindi uno può essere contento o scontento, ma se si rinuncia al voto si rinuncia a qualcosa".
Verità imprescindibile. In un Paese democratico, il voto continua ad essere l'unica forma con cui il cittadino possa fare le sue scelte, l'unico modo con cui possa far capire a chi amministra il bene pubblico se ha apprezzato o meno il suo lavoro. Votare è importante, votare è un dovere. È ciò che ci permette di scegliere cosa riteniamo migliore. Non votare, vuol dire un po' aver perso la speranza, non scegliere significa anche non pensare che ci possa essere un qualcosa di migliore.
Il Presidente del Consiglio ha esultato per la vittoria, ma l'unico dato certo è che con cosi pochi votanti, ritenersi soddisfatti significa voler nascondere la testa sotto la sabbia e non voler riconoscere la reale situazione del Paese. Cosa questa ancora più grave e che, forse, può contribuire ancora di più ad incrementare questo scollamento tra le persone e la politica.