Obama, "l'America è risorta". Queste le parole del presidente nel suo sesto e penultimo discorso sullo stato dell'Unione. Un discorso incisivo, forte. E pieno di promesse per il futuro. Un Barack Obama ottimista e combattivo, insomma, come non lo si vedeva da mesi. Specie dopo il flop delle elezioni di midterm, che ha permesso ai Repubblicani di ottenere la maggioranza sia alla Camera che al Senato.

Anche il livello di gradimento è tornato ai livelli del 2013, dopo mesi di contrazione. Grande vittoria quindi per Obama, che ne è ben consapevole.

E infatti non ha mancato di sottolineare i traguardi raggiunti durante i suoi mandati. Sanità (leggermente) più equa, riapertura del dialogo con Cuba, ma soprattutto ripresa dell'economia. Con oltre 11 milioni di nuovi posti di lavoroe il dimezzamento del deficit pubblico, Obama afferma che gli USA sono ufficialmente pronti a ripartire. E a lasciarsi alle spalle una crisi che ancora colpisce le altre nazioni. Soprattutto in Europa.

Obama, l'America è uscita dalla crisi. E noi?

Una crisi che è partita proprio dall'America, tra l'altro. Non che ci si aspettasse davvero che la crescita economica degli anni 2000-2006 sarebbe durata per sempre. Di sicuro, però, il comportamento delle banche americane non è stato d'aiuto.

Tra lo scandalo dei mutui subprime e il fallimento della Lehman Brothers, gli USA hanno avuto un ruolo determinante nel dare l'avvio alla peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione.

E proprio le banche americane sono state al centro delle principali misure anti crisi attuate da Obama. Tra queste, un'imponente opera di rifinanziamento, simile a quanto la Bce sta facendo con gli istituti europei.

Fondi che, dalle banche, sono poi arrivati ai cittadini americani. E alle imprese, contribuendo così alla creazione di nuovi posti di lavoro. E rimettendo in moto l'economia degli Stati Uniti a piccoli passi.

E se ora Obama è fiducioso di avercela fatta, lo stesso non si può dire per l'Italia. Perché nonostante qui si dica che i ristoranti sono sempre pieni, la crisi c'è.

E si sente. Nell'economia che stenta a ripartire. Nella fatica di chi non riesce ad arrivare a fine mese. E nel senso di fallimento di chi perde la propria impresa dopo una vita di sforzi e sacrifici.

Una crisi che purtroppo continua a penalizzare chi ha meno, insomma. E che per risolversi non può prescindere dallacreazione di occupazione. Ma per questo, oltre alla buona volontà degli imprenditori, servono tutele solide e una maggiore semplificazione da parte dello Stato. E servono iniziative che portino alla creazione di un "modello economico che porti adaumenti generalizzati di reddito e dia opportunità a chiunque faccia uno sforzo". Queste sono state le parole di Obama.

Parole belle e giuste, sia chiaro.

Ma solo parole per il momento. Tanto in America, quanto in Italia. Soprattutto in Italia, dove i lavori procedono a rilento o non procedono affatto. A maggior ragione ora che Napolitano si è dimesso. Ma il tempo per le parole è finito da un pezzo. "Siamo ad un passaggio chiave per uscire dalla palude - spiega Renzi - non possiamo permetterci errori né incidenti". Che la fine della crisi sia finalmente in vista anche qui in italia? O come al solito noi saremo il fanalino di coda d'Europa?