"Non possiamo dare all'Italia un Parlamento di nominati" oppure "È in gioco la democrazia". Questo è il tenore delle numerose dichiarazioni che alcuni rappresentanti della minoranza Pd rilasciano ai media riguardo la nuova legge elettorale, il cosiddetto Italicum. Queste parole hanno causato molte polemiche interne al partito e sulle prime pagine dei maggiori quotidiani nazionali sono apparsi articoli che parlano di probabile scissione, con la possibile nascita di un nuovo gruppo politico a sinistra del Pd. Ma i media nazionali hanno dimenticato un passaggio fondamentale per poter spiegare meglio le dinamiche interne al Pd, ed hanno, invece, deciso di rincorrere la spettacolarizzazione della politica, il caso o la polemica che rendono molto di più.

Il 12 marzo dello scorso anno, alla Camera fu approvata la prima versione della riforma elettorale (Italicum), frutto del compromesso tra Renzi e Berlusconi. I favorevoli furono 365, i contrari 156 e gli astenuti 40. Tra i favorevoli vi furono i rappresentanti della minoranza Pd che negli scorsi giorni hanno gridato la loro forte contrarietà, addirittura il rischio della democrazia, come Bersani, Cuperlo, Damiano, Fassina, D'Attorre, Epifani, Zoggia, Stumpo, Zampa e tanti altri. Civati uscì dall'Aula in dissenso con il partito, non partecipando alla votazione. È doveroso ricordare che la "nuova" versione, che il Senato ha approvato lo scorso 27 gennaio, è stata modificata "in meglio" rispetto al testo votato alla Camera.

I cambiamenti più significativi riguardano: i listini bloccati, a chi andrà il premio di maggioranza e la rispettiva soglia minima da raggiungere e la soglia di sbarramento. Riguardo i listini bloccati è stata introdotta una importante modifica: all'interno di ogni collegio (il numero totale dei collegi è stato ridotto da 120 a 100: ogni candidato potrà presentarsi in 10 diversi collegi) solo i capilista sono "bloccati" (e quindi nominati), gli altri vengono eletti con le preferenze.

Questo meccanismo, secondo Roberto D'Alimonte, uno dei massimi esperti italiani di sistemi elettorali, vedrebbe un Parlamento composto al 60% da nominati.

Il premio di maggioranza e la rispettiva soglia hanno subìto correzioni importanti: non andrà più alla coalizione più votata, ma al partito che ottiene il maggior numero di consensi.

Chi prende il 40% (prima 37%, ndr) dei voti validi, conquista la maggioranza dei seggi (il 55%) , ossia 340 deputati. Nel caso in cui nessuna lista arrivasse alla soglia del 40%, si va al secondo turno (ballottaggio). Rispetto alla disciplina del testo approvato alla Camera, che assegnava 321 seggi (53%) alla coalizione vincente, l'attuale testo prevede la conquista di 340 seggi (55%). Per entrare alla Camera dei Deputati, unico ramo parlamentare a cui questo sistema elettorale si applicherà (vedi Riforma del Senato, ndr), la soglia di sbarramento sarà del 3% dei voti validi. Nella prima versione erano previste tre soglie di sbarramento: il 12% per le coalizioni, l'8% per le liste che corrono in solitaria e il 4,5% per quelle coalizzate.

Riguardo il cosiddetto "ricatto dei partitini", l'attuale testo ha ovviato a questo "problema" con il premio di maggioranza assegnato al partito e non più alla coalizione, quindi rendendo i partitini non determinanti.

L'ultima novità riguardo l'Italicum è il fatto che l'entrata in vigore è prevista il primo luglio 2016, quando sarà approvata anche la riforma costituzionale che renderà, di fatto, l'Italia uno Stato monocamerale. Per essere credibili quando si fanno delle critiche, giuste e condivisibili, contro una legge, si deve essere coerenti con le scelte e le dichiarazioni fatte in precedenza. Non si può, per giochi di potere interno al partito, essere contrari (a parole) ad alcune leggi e poi votare a favore nelle aule parlamentari.