Oggi 8 luglio la prima sezione penale del Tribunale di Napoli ha condannato l'ex presidente del Consiglio ed esponente di punta di Forza Italia, Silvio Berlusconi, a tre anni di carcere per il reato di corruzione commesso, secondo i giudici, insieme Valter Lavitola, a sua volta condannato alla stessa pena dell'ex leader del centrodestra. Termina in tal modo un processo in primo grado iniziato nel lontano febbraio del 2011, a seguito della decisione di rinvio a giudizio avvenuta quale mese prima (precisamente, ad ottobre 2013).

La vicenda oggetto della decisione

Il fatto contestato risale al 2008, anno della caduta del secondo Governo Prodi.

Secondo l'organo giudicante, Silvio Berlusconi avrebbe effettivamente contribuito a far perdere la maggioranza al partito di governo attraverso una compravendita di senatori, mediante la quale riuscì a non far votare la fiducia il 24 gennaio dell'anno sopra citato, evento che portò alle dimissioni dell'allora presidente del Consiglio dei Ministri ed a nuove elezioni.

Le opinioni sulla sentenza e sul processo

I commenti a caldo alla sentenza non si sono fatti attendere. Niccolò Ghedini, storico avvocato di Berlusconi e membro del gruppo di legali che ha difeso l'ex Cavaliere durante questo primo grado di giudizio, ha dichiarato che la decisione è "clamorosamente ingiusta ed ingiustificata".

Non passa inosservata inoltre quanto detto ai giornalisti dell'Ansa da Romano Prodi, il quale, intervistato sulla questione compravendita di senatori, ha dichiarato che non ne sapeva nulla, aggiungendo: "se lo avessi saputo, sarei ancora presidente del Consiglio".

La questione della prescrizione del reato

L'aspetto che non può passare in alcun modo in secondo piano è che il reato di corruzione contestato a Silvio Berlusconi è oramai in procinto di venire meno.

Il 6 novembre di quest'anno infatti, appena quattro mesi dopo la sentenza, il reato sarà soggetto a prescrizione, fattore che probabilmente farà chiudere definitivamente l'intera vicenda all'inizio del processo d'appello.

La pena inflitta dai giudici dunque, con estrema probabilità, non troverà in questo caso applicazione (per correttezza risulta d'obbligo parlare ancora di eventualità, giacchè un mancato ricorso renderebbe la sentenza definitiva ed esecutiva).

La decisione del Tribunale, tuttavia, avrà a prescindere un duplice valore: da una parte, infatti, rappresenterà per il futuro un precedente da tenere in considerazione in sede giudiziale; essa indubbiamente avrà in futuro, inoltre, un ingente peso politico che andrà inevitabilmente ad influire sulla vita politica italiana.