Quel brutto pasticciaccio di piazza Colonna che fu l’articolo 19 bis, ridenominato dai giallisti del momento il ‘salva-Silvio’, torna ad investire il presidente del Consiglio Matteo Renzi che al momento dell’atto negò che la verga sul decreto fiscale fosse la sua. Ma in quanto capo della greppia di governo, dovette alla fine assumersi onere e onore per l’intervento chirurgico sul decreto che abbonava anche Silvio Berlusconi all’impunibilità sull’evasione fiscale. Adesso una nuova goccia cinese logora il governo: il premier dovrà rispondere di falso in atto pubblico, insolvenza che gli è stata ritorta contro dopo l’esposto del presidente di Adusbef(Associazione di utenti bancari finanziari assicurativi e postali).
Falso in atto pubblico a beneficio dei grandi magnati
Si era alla vigilia del 25 dicembre e il governo, in un ultimo sprint prenatalizio, approvò la delega fiscale che portava al 3% la soglia di impunibilità sull’evaso in base al valore dell’imposta e dell’imponibile dichiarato. Mai regalo di Babbo Natale fu più contestato, al posto del carbone un salvacondotto per l’ex Cavaliere che allora aveva dovuto arrendersi alla legge uguale per tutti per il reato di frode fiscale nel processo Mediaset. Allora sembrava che la ‘parva manus’ che aveva infilato il cavillo nella delega non avesse padrone, ma l'ex senatore e presidente Adusbef Elio Lannutti è passato alla denuncia. Il sospetto era che la norma fosse stata scritta constudi legali che difendono eccelsi elusori del fisco e dunque indirettamente proteggono l’evasione fiscale.
L’effetto della norma sarebbe stato quello spicciolo che chi più guadagna più può evadere. A finire nel cerchio degli amnistiati sono stati molti Paperon dei Paperoni: l’ex amministratore di Unicredit Alessandro Profumo, coinvolto nell’inchiesta ‘Brontos’ che indaga su un sistema di fondi neri e tangenti sul Sistri (si contano 245 milioni evasi); la famiglia Riva, caduta in disgrazia per le vicende dell’Ilva, e ancora la famiglia Aleotti, nobili borghesi legati alla casa farmaceutica Menarini imputata per 1,2 miliardi incassati con le truffe sui principi attivi dei medicinali, da cui 178 milioni sarebbero stati impegnati per l’acquisto del 4% di Monte dei Paschi di Siena.
Miuccia Prada, Patrizio Bertelli e il fido commercialista insieme ad Armani seguono. A parte l’assoluzione dei’ poveri grandi ricchi’ la procura di Roma contesta il fatto che ‘la volizione individuale del premier’ sia stata tradotta in dispositivo di legge contrario al bene comune e al trattamento equanime dei cittadini. La leggerezza della ‘manina’ non viene perdonata e sul premier pende l’accusa di falso in atto pubblico.
Qualora l’accusa venisse confermata, gli atti verranno passati al Tribunale dei Ministri anche per lanciare un caveat al governo prima che ripeta analogo intervento in materia il 20 febbraio prossimo che potrebbe abbonare altri 16 miliardi di euro.