Le dimissioni del ministro Guidi hanno scatenato un vero terremoto politico in seno al governo, con le opposizioni guidate dal M5S e dalla Lega Nord che adesso meditano la presentazione di una mozione di sfiducia per mettere fine all'esperienza politica del governo Renzi. Sul provvedimento di sfiducia Matteo Salvini avrebbe teso la mano al M5S, aprendo all'ipotesi di scrivere insieme una mozione congiunta.

Ma questa possibilità è stata totalmente accantonata dal movimento fondato da Beppe Grillo, attraverso le parole del deputato Roberto Fico, che su Twitter ha rifiutato qualunque idea di una mozione di sfiducia con duplice paternità: 'Se la Lega vuole – ha cinguettato Fico – votate la nostra mozione, ma insieme non scriviamo niente'.

La presa di posizione del deputato grillino non è stata presa bene dal leader della Lega, la cui reazione si è materializzata nelle dichiarazioni di Massimiliano Fedriga e Gianmarco Centinaio che hanno tacciato il M5S di essere un movimento fiancheggiatore degli interessi di Renzi: 'La gente capirà che Grillo e Di Maio sono amici di Renzi'.

La presa di posizione di Luigi Di Maio

L'idea della mozione di sfiducia contro il governo Renzi era stata ventilata da Luigi Di Maio, nella mattinata di venerdì 1 aprile, chiamando in causa anche i propri colleghi: 'Cosa vuol fare la minoranza Pd ? Mandare a casa Renzi o tenersi ancora le poltrone? Presenteremo la nostra mozione di sfiducia e chi vuole venirci dietro la voti'.

Un appello che non è andato giù a quella parte della minoranza Pd non in sintonia con il resto del partito che sostiene Renzi. Federico Fornaro, senatore Dem, ha ribadito il fatto che la minoranza Pd non è parte dell'opposizione e ha definito 'strumentali' gli appelli lanciati dal M5S nella figura di Di Maio.

Lo stesso leader del M5S ha spiegato la decisione di sfiduciare il governo Renzi, giudicando l'esecutivo inadeguato perchè strumentale agli interessi delle lobby e di quelli personali. Il M5S ha ribadito l'appello alle opposizioni affinchè si sfrutti questo momento di debolezza del governo, per mandarlo definitivamente a casa.