La battaglia per il Referendum Costituzionale entra nel vivo dopo il via libera della Corte di Cassazione che ha validato, ieri, le quasi 600mila firme di richiesta della consultazione. La palla ora passa all’esecutivo che, nel termine dei 60 giorni, dovrà delineare la data per le urne. Stando alle indiscrezioni di Palazzo che circolano insistentemente nelle ultime ore, il Referendum si terrà a novembre ma resta da chiarire in quale giorno. Le opposizioni che guidano le truppe del No al disegno di legge di riforma sono tornate alla carica per invitare Renzi a fare presto.

C’è aria di ribaltone secondo i rivali del premier, che resta stretto nell’angolo di un ring piuttosto affollato. Il Movimento 5 Stelle, con Alessandro Di Battista in tour lungo lo Stivale, ha lanciato una campagna di diffusione delle ragioni del no che continua a raggranellare consensi. Di matrice più politica è l’iniziativa della minoranza PD: dopo lo strappo ufficiale di Miguel Gotor, molti altri attendono solo il momento propizio per abbandonare Renzi nel vivo della battaglia referendaria.

Ottimismo di facciata

Renzi è ben consapevole del quadro poco ottimistico che gli si prospetta con il voto in autunno. A dispetto delle sensazioni buone fatte filtrare, in pochi oggi scommetterebbero un solo centesimo sulla vittoria del fronte riformatore.

Non “basta un sì” come ha titolato il premier nella sua ultima e-news, ma servirà una vera e propria rimonta considerati i sondaggi che circolano da settimane. “Questa è la sfida di milioni di persone che vogliono ridurre gli sprechi della politica - ha sottolineato Renzi - rendere più semplici le istituzioni, evitare enti inutili e mantenere tutte le garanzie di pesi e contrappesi già presenti nella nostra Costituzione”.

Secondo l’inquilino di Palazzo Chigi i segnali buoni arrivano direttamente dal territorio: la raccolta delle firme sui quesiti è proceduta spedita aggirando con facilità il muro delle 500mila firme; i comitati attivi di propaganda sono più di tremila; sono state raccolte donazioni superiori alle 88mila euro a sostegno della campagna elettorale e dei costi di gestione degli stessi comitati.

Le strategie del No

La fronda dei dieci parlamentari PD che è uscita allo scoperto l’ha fatto in concomitanza con la rimodulazione dei vertici Rai operata dal governo. La cacciata di Bianca Berlinguer, in primis, ha fornito un assist a chi da tempo ha additato Renzi di manovrare i vertici di viale Mazzini. “Se due indizi fanno una prova - sostiene l’opposizione interna - il premier da settembre non concederà un centimetro in TV per centrare il bersaglio Referendum”. A sorpresa ha iniziato a rumoreggiare anche l’area dei Giovani Turchi guidata dal presidente del PD, Matteo Orfini. Dietro di lui non sono rimasti certo fermi i vari Franceschini e Orlando che non sono usciti allo scoperto solo per una questione di opportunità.

A sostegno del premier è l’iniziativa del ministro Martina con una corrente a sinistra alla quale hanno aderito illustri come Finocchiaro, Fassino e Damiano. Il walzer delle manovre è iniziato e promette scintille. Come in una partita a scacchi il Referendum si deciderà all’ultimo voto: prepariamoci a un autunno di slogan e di attacchi incrociati.