A margine della presentazione del suo libro "Dalla parte della Costituzione", svoltasi questo martedì 18 ottobre a Roma, Blasting News ha intervistato Antonio Ingroia, ex magistrato e già candidato alle scorse elezioni politiche.
"La riforma costituzionale continua il progetto di Licio Gelli"
Dottor Ingroia, nel sottotitolo del suo libro si fa riferimento addirittura a Licio Gelli, crede questa riforma costituzionale si possa addirittura equiparare ai progetti della P2?
"Io credo che la cosa più significativa, di cui non si parla abbastanza del dibattito referendario, è il fatto che questa Riforma non è un qualcosa che Renzi tira fuori dal cilindro. Ma è l'appendice e la conclusione di un progetto che parte da molto lontano e Licio Gelli ne è stato uno degli artefici in Italia dagli anni '80 con il Piano di Propaganda Democratica; pure le lobby finanziarie legate anche alla massoneria internazionale e attorno alla commissione Trilateral già negli anni '70 avevano progettato analoghi interventi sulla base di un principio: la democrazia è un inciampo e le Costituzioni democratiche uscite dal Dopoguerra, soprattutto quelle del sud Europa (come scrive il rapporto di JP Morgan) sono un intralcio per il decisionismo del potere centrale e al funzionamento dell'economia. Questo lo diceva la Trilateral negli anni '70, Licio Gelli negli anni '80, JP Morgan nel 2013 e oggi Renzi è l'ultimo anello di una catena che in Italia ha avuto altri esempi importanti come Craxi, Cossiga e Berlusconi."
"Se vince il Sì l'Italia non sarà più la stessa"
Quali conseguenze concrete vede quindi qualora il Sì vincesse il referendum?
"L'Italia perde molto, perché cade uno dei punti della democrazia partecipata, dato che come scritto nell'articolo 1 della Costituzione Italiana la sovranità appartiene al popolo. Mentre con questa controriforma una delle due Camere (e non è vero, come dicono, che non avrà poteri, ma potrà rallentare fortemente l'attività legislativa) non sarà elettiva: i senatori non saranno eletti da parte dei cittadini. Questo è un modo per intaccare fortemente un principio fondamentale della nostra democrazia: l'Italia non sarà più quella di prima".