Poche settimane fa il Consiglio dei ministri ha ufficializzato la data del referendum costituzionale che potrebbe riscrivere la storia della nostra nazione: il 4 Dicembre 2016. Ad esclusione di NCD e di gran parte del PD (ad eccezione di D'Alema e pochi altri), i grandi partiti come il M5S, Forza Italia, Lega nord, invitano a votare "no" alla riforma voluta da Matteo Renzi. I motivi sono molteplici: in primo luogo si contesta il fatto che la riforma sia stata disposta da un parlamento designato con una legge elettorale (Porcellum) dichiarata incostituzionale.

Poi, i costi della politica che, secondo i contrari alla riforma, non diminuirebbero affatto. Altri aspetti importanti, a parere dei "no", sono i procedimenti legislativi, che non verrebbero per nulla semplificati, l'indebolimento delle competenze regionali e la forma del testo referendario, ritenuta poco comprensibile.

Riforma illegittima, bicameralismo "confuso" e costi della politica: i motivi del "no"

Pochi mesi dopo il voto politico, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale il Porcellum. Per questa ragione, secondo i sostenitori del "no", il Parlamento non avrebbe i requisiti per riscrivere una parte del testo della Costituzione.

Danilo Toninelli, parlamentare del M5S, non crede che con l'approvazione del testo referendario si superi il bicameralismo paritario: "Resteranno 20 le materie in regime di bicameralismo paritario, tra cui materie decisive come la legge elettorale e le normative Ue".

Inoltre, i sostenitori del "no" credono che con il nuovo Senato vi saranno conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato.

Secondo Anna Falcone, avvocato cassazionista specializzato in Diritto costituzionale e amministrativo, il procedimento legislativo (articolo 70) non verrebbe semplificato: "oggi, per legiferare esistono quattro variabili, la riforma prevede 8-10 strade diverse".

Oltretutto, aggiunge l'avvocato, è prevista l’approvazione a data certa dei disegni di legge governativi, mentre questa corsia preferenziale non esiste per le leggi di iniziativa parlamentare.

Roberto Fico del Movimento 5 Stelle fa notare che il Senato rimane, ma non è più votato dal popolo e che i costi della politica vengono sì ridotti, ma di un niente.

Il partito di maggioranza avrebbe troppi poteri?

Un aspetto che fa molto discutere, soprattutto se la legge elettorale dovesse rimanere questa, è quello riguardante l'eccessivo potere in mano al partito di maggioranza. I critici, con il M5S in testa, affermano che concentrando le funzioni legislative alla Camera, dove la maggioranza avrà un numero di parlamentari molto più ampio rispetto all’opposizione, si rischia di dare troppo potere al governo e alla forza parlamentare che lo sostiene.

Vi sono, infine, altri tre motivi per votare "no" al referendum di Dicembre. La riforma del Titolo V (competenze Stato-Regioni), per i sostenitori del "no", lascia troppo spazio ad interpretazioni differenti e quindi a possibili polemiche.

Le firme richieste per i referendum abrogativo passano da 500 mila a 800 mila, mentre per le leggi di iniziativa popolare da 50 mila a 150 mila: diminuiscono così, secondo il M5S, gli spazi di democrazia partecipativa per i cittadini. Secondo D'Alema e Grillo, in conclusione, il testo è scritto in maniera poco chiara e difficilmente comprensibile.