Qualche giorno fa, il Consiglio dei ministri ha finalmente deciso la data in cui il popolo italiano sarà chiamato a pronunciarsi sulla modifica della seconda parte della Costituzione: 4 dicembre 2016. L'esito referendario, ben che si dica, avrà una duplice significato. Non solo la modifica della Costituzione e tutto quello che ne consegue (abbassamento del numero dei parlamentari, superamento del bicameralismo paritario, soppressione del CNEL), ma in gioco c'è anche il futuro politico del Governo Renzi. Questo non vuol dire che un'eventuale vittoria del "no" corrisponda per forza di cose ad una bocciatura del Governo Renzi e quindi il termine della legislatura corrente.

Ma di sicuro qualche ripercussione ci sarà.

D'altronde, è stato lo stesso Renzi, qualche mese fa, a "personalizzare" il quesito referendario, affermando che in caso di sconfitta avrebbe lasciato. Salvo poi, qualche mese dopo, tornare sui suoi passi, lasciando intendere che comunque vadano le cose alle urna rimarrebbe in carica, semmai con un nuovo incarico. Nel frattempo, la schiera degli oppositori si allarga sempre più, e include figure pubbliche anche di una certa importanza che hanno a che fare poco o nulla con i partiti (o movimenti, nel caso del M5S) politici che invitano a votare "no".

Le opposizioni politiche

La fila per il "no" al referendum delle forze politiche che si oppongono a Renzi e al Pd è lunghissima.

In prima linea non poteva non esserci il M5S: il fondatore, Beppe grillo, ha dichiarato che questa riforma "è incomprensibile, da rispedire al mittente". La sindaca di Roma, Virginia Raggi, ha invece invitato gli italiani a dire un altro "no", dopo quello per le Olimpiadi, per mandarli definitivamente a casa.

Giorgia Meloni ha fondato un comitato nazionale "No Grazie" per invitare i suoi elettori ad opporsi "all'ultima colossale truffa di Matteo Renzi".

All'iniziativa hanno aderito Raffaele Fitto, Roberto Maroni e Maurizio Bianconi. Matteo Salvini, leader di lega Nord, è fermamente convinto della vittoria del "no". Su Twitter ha scritto: "Renzi può farci votare anche a Capodanno, ma vincerà il no, perché è una riforma fatta male e perché la Costituzione di Renzi cancella, tra le altre cose, anche i referendum".

Nichi Vendola e Pippo Civati, leader rispettivamente di Sel e Possibile, credono che non sia una riforma adatta al bene dell'Italia, e quindi il 4 dicembre voteranno "no". Infine, dentro Forza Italia non vi è una linea nettamente dominante. Ma Silvio Berlusconi, fondatore e capo del partito, e Renato Brunetta, il capogruppo alla Camera, hanno espresso più volte parere contrario.

Gli altri "no"

Ma la schiera dei contrari alla riforma costituzionale non si limita agli oppositori politici e del Pd. Secondo D'Alema, che pure fa parte del Pd, la riforma "è scritta male, praticamente illeggibile". Ha aggiunto di voler fondare un comitato nazionale per il "no" ed affidare la presidenza a Guido Calvi.

D'Alema ha più volte ribadito che non gli interessa Il Pd, ma il bene dell'Italia.

Anche l'Ingegnere Carlo De Benedetti, in una lunga intervista al Corriere della Sera, ha confermato il suo voto contrario alla riforma. L'imprenditore ha detto che avrebbe cambiato idea solo se Renzi avesse cambiato l'Italicum, la nuova legge elettorale entrata in vigore pochi mesi fa. Gustavo Zagrebelsky, giudice costituzionale dal 1995 al 2004 e Presidente della Corte costituzionale nel 2004, ha preparato un documento in cui elenca 15 motivi per votare contro il disegno messo a punto dal Premier.

Durissimo l'attacco del Presidente dell'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia), Carlo Smuraglia: "La riforma bisogna guardarla dentro.

C'è un Senato svirilizzato con pochi componenti eletti non si sa come. Non si capiscono le modalità con cui potrà svolgere le sue funzioni". Stefano Parisi, candidato sindaco a Milano, ha voluto precisare le ragioni del suo voto contrario: "Non perché deve cadere Renzi, ma perché le riforme sono lacunose, pasticciate e sbagliate".