Sugli Stati Uniti d'America e sulle amministrazioni che hanno avuto sede alla Casa Bianca nel dopoguerra tutto si può dire, ma non che non siano state caratterizzate da una certa coerenza in politica estera. La condotta statunitense sulle questioni internazionali è decisamente "gattopardiana": sono cambiati i presidenti e, con loro, si sono alternate alla guida del Paese le due maggiori correnti politiche. Tutto è cambiato ma tutto, nel corso dei decenni, è rimasto uguale. Il mondo attraversa oggi una fase delicata,i venti di una nuova guerra fredda sembrerebbero alle porte ed in Medio Oriente si sta giocando la partita più importante.
Con il nuovo leader, indipendentemente da Hillary Clinton o Donald Trump, ci sarà comunque un netto cambio di rotta rispetto agli ultimi otto anni che hanno visto Barack Obama alla presidenza.
I rapporti con la Russia
Donald Trump stima il presidente russo Vladimir Putin e la stima è ricambiata. Il Cremlino ha accolto con soddisfazione le frequenti dichiarazioni del candidato repubblicano sulla questione siriana. Trump si è sempre detto contrario a nuove azioni militari in Medio Oriente, sostenendo che l'attuale caos è stata "la diretta conseguenza dell'interventismo del recente passato". Si è però sempre dichiarato favorevole ad una "linea dura" nei confronti del terrorismo islamista ed in tal senso rientrano le 'aperture' nei riguardi del governo siriano.
"Assad non mi piace - ha dichiarato Trump - ma combatte l'Isis, così come la Russia". Ben diversa la posizione di Hillary Clinton che, in caso di una sua presidenza, intende rilanciare la proposta di una'no-fly zone' sui cieli siriani e di un maggiore sostegno alle milizie ribelli anti-Assad. In tal caso la tensione con la Russia potrebbe ulteriormente salire, anche perché i rapporti tra la Clinton e Putin, dopo le accuse dirette a Mosca sulle possibili interferenze in merito alla campagna elettorale, sono attualmente congelati.
Se l'ex first lady ha l'indole del 'falco', già ampiamente riconosciuta quando rivestiva la carica di segretario di Stato, una presidenza Trump è davvero un'incognita. "Make America Great Again" è stato il suo slogan da campagna elettorale ma il suo progetto appare alquanto 'isolazionista'. Sarà difficile che gli Stati Uniti mantengano la loro influenza nel mondo senza l'interventismo che ne ha caratterizzato la politica estera dalla prima guerra mondiale ai giorni nostri.
Le divergenze sulla NATO
Nel corso della campagna elettorale, Donald Trump si è più volte scagliato contro la NATO. Di certo, in caso di una sua presidenza, non ci sarà l'intenzione di mandare al macero l'Alleanza Atlantica ma potrebbe chiedere ai partner europei (Italia compresa) un maggiore sforzo economico nel sostenerla. 'The Donald' ha più volte affrontato l'argomento, considerando la NATO "gravosa per l'economia statunitense". Di certo, i rapporti con l'Europa non saranno al centro di una sua eventuale leadership. Ben diversa l'idea di Hillary Clinton per la quale l'alleanza con i Paesi del vecchio continente è un punto fermo. In proposito, la candidata democratica ha sempre definito il sostegno economico alla NATO "non una spesa ma un investimento".
La Cina, avversario politico o partner commerciale?
Pechino sta stringendo la sua partnership con Mosca ma si aspetta che anche il futuro presidente degli Stati Uniti rilanci il dialogo. Hillary Clinton ha criticato l'intesa commerciale con i Paesi asiatici dalla quale la Cina è esclusa (il Ttp, ndr), ed uno dei suoi obiettivi da presidente potrebbe essere quello di tenere aperta la porta orientale per le imprese statunitensi, visto che l'export sta guidando la ripresa economica del Paese. Le frequenti dichiarazioni di Trump, che ha addirittura accusato i cinesi di "stuprare gli Stati Uniti con la loro politica commerciale", non promettono invece nulla di buono ed in caso di un suo ingresso alla Casa Bianca i rapporti con la seconda economia del pianeta potrebbero inasprirsi.