Sull’esito finale del Referendum Costituzionale un ruolo fondamentale lo avranno gli elettori del Mezzogiorno. Lo dicono i sondaggi, lo ha compreso bene Matteo Renzi che ha scelto di giocarsi le sue ultime carte in un tour serratissimo. Dalla Sicilia alla Calabria, dalla Puglia alla Campania. Le possibilità di una vittoria del fronte del Sì alla riforma (che alla luce degli ultimi rilevamenti avrebbe del clamoroso) si racchiude tutta qui: nella capacità del premier di recuperare il terreno perso conquistando almeno una parte dell’elettorato del Sud Italia.

Un gap di fiducia, che è bene ricordarlo, è figlio dell’assenza di un progetto di rilancio - pure auspicato - di un territorio lasciato solo a convivere nei suoi stagnanti ritardi con il resto del Paese. Renzi ha voluto tendere la mano ai cittadini ma soprattutto agli imprenditori, annunciando un piano di decontribuzione totale in favore di coloro che assumeranno giovani e disoccupati di lungo corso. “È una scelta importante per il 2017 - ha affermato Renzi - 730milioni di euro di incentivi solo per il Mezzogiorno”.

Il tempo sta per scadere

La rincorsa lunga del premier cozza con il tempo a disposizione per la rimonta. Lo slittamento sulla data del voto in qualche modo lo ha agevolato, ma di certo non sarà un fattore decisivo.

È per questo che Renzi è tornato a smuovere i ras locali del partito che detengono una leadership elettorale che lui stesso può solo sognare. È il caso del governatore della Campania, Vincenza De Luca, renziano dell’ultima ora e punto di riferimento sul territorio. Uno da sempre slegato alle logiche della Sinistra e della Destra, uno che le ha sempre cantate al PD e allo stesso premier in tempi non sospetti.

L’ex sindaco di Salerno ha risposto presente al segnale di SOS trasmesso da Palazzo Chigi mettendo in moto la sua ampia e rodata macchina accalappia consensi. Il tutto con un tornaconto non da poco: un nuovo riconoscimento della centralità di De Luca nel PD e l’accettazione di una libertà di azione quantomeno discutibile nei suoi contenuti.

Un’indipendenza foriera di attacchi feroci del governatore e di uscite ineleganti spesso dirette contro Rosy Bindi.

Uno tsunami improvviso

Lo scontro tra De Luca e Bindi raggiunse il suo apice quando, a pochi giorni dalle elezioni regionali, la presidente della commissione Antimafia lo inserì nella lista degli impresentabili per la vicenda Sea Park. Un atto azzardato (per il governatore è arrivata poi l’assoluzione) riaffiorato in un servizio trasmesso dalla trasmissione Matrix. “Quello che fece la Bindi fu delinquenza politica - ha tuonato De Luca al cronista - una cosa infame, da ucciderla”. Parole pesanti che hanno subito scatenato reazioni e aspri attacchi dai suoi stessi compagni di partito.

Perplesso il presidente del Senato, Pietro Grasso: “Non pensavo che in politica avrei sentito cose che sentivo da Procuratore Antimafia”. Duro il vicesegretario del PD Lorenzo GueriniParole inaccettabili, alla Bindi va la nostra solidarietà”. Anche lo scrittore roberto saviano è intervenuto: “Parole volgari e mafiose, insopportabile questa politica da sceriffo”. De Luca ha provato a porre un argine allo tsunami accusando Matrix di aver manipolato il servizio. Troppo tardi, anche solo per chiedere scusa.