Beppe Grillo c'è rimasto molto male, dopo il ripensamento di Guy Verhofstadt che, di fatto, ha 'stoppato' l'ingresso del Movimento 5 Stelle nel gruppo di Alleanza dei Liberali e Democratici per l'Europa del parlamento europeo. Il leader pentastellato aveva annunciato i giochi fatti, comunicando la decisione della maggioranza dei militanti che ha votato online. In cifre, hanno partecipato alla consultazione su Internet 40.654 iscritti di cui 31.914 (il 78,5 per cento) ha scelto il passaggio ad ALDE. Nel corso del confronto tra Grillo e Verhofstadt, si era discusso di un programma comune ed era stata prodotta la bozza di un accordo.

In base a quanto scritto, la posizione intransigente che il M5S ha sempre sostenuto contro l'Euro era venuta meno. Nel documento si legge infatti "la necessità di costruire attorno alla moneta comune un sistema in grado di assorbire dissesti economici nell'eurozona" e poi, ancora, il "bisogno di rivedere i bilanci nazionali e l'introduzione di un nuovo codice di convergenza che, concentrandosi sulle riforme, garantisca il valore dell'Euro nella spesa dei servizi pubblici". Di cancellazione della moneta unica nessuna traccia.

Dubbi legittimi ed incoerenze diffuse

Se la maggioranza del popolo pentastellato si è espresso come di consueto sulla lunghezza d'onda del proprio 'guru', parecchi dubbi erano stati espressi da esponenti parlamentari.

"Meglio soli che male accompagnati", ha detto il senatore Marco Scibona. Ancora più duro l'onorevole Carlo Sibilia che su Facebook aveva lanciato un appello ai votanti. "Dovete decidere se meglio soli o male accompagnati ed un po' ipocriti", ha scritto il parlamentare campano. Un invito alla coerenza era arrivato, invece, dal senatore Nicola Morra.

"La solitudine della marcia non ci spaventa, siamo nati per essere una rivoluzione culturale prima ancora che politica". Perché in fin dei conti, anche se la saggezza politica non ha mai dimorato nei quartier generale pentastellato, si presumeva che ci fosse quantomeno una lucida coerenza con i proclami di piazza esposti nel corso dei chiassosi tour del movimento.

Ma a sconfessare tutto arriva l'ennesima gaffe di Luigi Di Maio che parla di "questione tecnica" riferendosi alla scelta del gruppo dell'Europarlamento, in un maldestro tentativo di salvare capra e cavoli. "Se l'adesione ad un gruppo fosse per affinità politica - ha detto il vice presidente della Camera - allora avremmo sbagliato gruppo, ma vedrete le nostre scelte quando voteremo". Dunque, in soldoni, Di Maio dà credito alle tesi degli avversari politici che parlano di "mossa opportunistica" e lo dice anche a chiare lettere. Una coalizione politica dovrebbe nascere innanzitutto dalla condivisione di un programma. Il buon Di Maio ha inoltre rincarato la dose. "Siamo contrari agli Stati Uniti d'Europa nel lungo periodo e vogliamo immediatamente un referendum sull'Euro".

La bozza del documento di cui sopra non dice nulla di tutto questo. C'è da scommettere che se questa dichiarazione è stata letta da Guy Verhofstadt, si sarà passato la mano sulla fronte tirando un sospiro di sollievo.