Una ‘mission impossible’. Così era stata definita la scalata di Donald Trump alla Casa Bianca, eppure il candidato più folcloristico della storia americana è riuscito nell'impresa. La parte più difficile, però, arriva adesso: l’anno appena iniziato, preannunciato come portatore di una svolta senza precedenti per la politica statunitense (e di conseguenza per la politica internazionale) proprio perché Trump è un presidente senza precedenti, rischia di presentare subito una salita irta di pericoli. Barack Obama gli sta lasciando terra bruciata. Se per molti media il presidente uscente è stato il vero sconfitto delle elezioni dello scorso 8 novembre, questa è palesemente la sua ‘vendetta politica’.
La gestione della nuova guerra fredda
Il salto all'indietro è di oltre trent'anni, il clima è quello che si respirava tra Stati Uniti ed URSS ai tempi della guerra fredda. Il provvedimento di Obama non ha precedenti: per l'amministrazione della Casa Bianca ancora in carica, il Cremlino ha "inquinato pesantemente la campagna elettorale per le presidenziali". Le sanzioni nei confronti di Mosca sono state pesantissime. Trentacinque ufficiali russi legati ai servizi segreti sono stati espulsi dal territorio americano, per aver tenuto "un comportamento non coerente con il loro status diplomatico". Vladimir Putin, dal canto suo, si è dichiarato ancora una volta estraneo ai fatti contestati, definendo l'azione di Obama "controproducente e dannosa al ripristino del dialogo tra i due Paesi".
Quel dialogo che il presidente eletto Donald Trump, in carica dal 20 di questo mese, ha sempre dichiarato di voler rinsaldare. Fiducioso di un possibile ‘New Deal’, il Cremlino non ha reagito e non c'è stata alcuna ritorsione nei confronti dei diplomatici di Washington che lavorano in territorio russo. Putin attende Trump, è più che evidente.
Pochi giorni prima, Obama aveva innescato un'altra mina: l'astensione di Washington sul voto del Consiglio di sicurezza dell'ONU che ha bloccato nuovi insediamenti israeliani in territorio palestinese è una grana di non facile soluzione per la prossima amministrazione della Casa Bianca. Anche in questo caso, Trump si è sempre apertamente schierato dalla parte di Tel Aviv.
Comunque vada, potrebbe non essere un successo
Cosa farà adesso Donald Trump? Revocare di getto la sanzione contro la Russia è un pensiero che gli passa per la mente, ne siamo certi. Ma così facendo rischia di inimicarsi buona parte del suo stesso partito: una forte corrente repubblicana è favorevole a far luce sul presunto "Russia Gate". Oltretutto una mossa azzardata pro-Putin non solo rafforzerebbe i sospetti di una "santa alleanza" con il Cremlino che potrebbe in qualche modo aver influito sulla sua elezione, ma screditerebbe il lavoro di tutte le intelligence statunitensi creando uno scontro istituzionale senza precedenti. Barack Obama ha proprio conciato per le feste il suo successore, piazzandogli attorno tante trappole pericolose che rischiano di esplodere se non sono trattate con la dovuta cautela.
Il preannunciato idillio Trump-Putin presenta già delle evidenti "falle", senza contare che sarà importante la posizione della nuova amministrazione nei confronti degli alleati del Cremlino, tanto l'Iran il cui "storico" accordo sul nucleare con Washington rischia di essere "rivisto" dal nuovo presidente, tanto la Cina che negli ultimi mesi si è molto avvicinata a Mosca ma con la quale Trump è già ai ferri corti. Il 2017 sarà dunque l'anno delle svolte epocali? Per Trump senza dubbio, perché dovrà mostrarsi in grado di 'maneggiare' la politica, quella vera. Il tempo dei proclami populisti è finito da un pezzo, il 'grillo parlante' ora deve fare il presidente.