Il Movimento 5 Stelle (M5S) è alle prime prove di fuga, per dirlo in gergo calcistico, quando la prima in classifica allunga sulle inseguitrici. Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, i pentastellati staccano il Partito Democratico di cinque punti percentuali. Anche se di fatto sono ancora gli astensionisti e gli indecisi ad avere le percentuali più consistenti (un terzo degli elettori) e sarà su di loro che si giocherà l’esito delle prossime, ancora distanti, elezioni politiche.
M5S ai suoi massimi livelli
Rispetto alle intenzioni di voto di un mese fa i grillini guadagnerebbero 1,4 punti, raggiungendo il loro apice (virtuale), al 32,3%.
In ritardo il Partito Democratico, sceso al 26,8%, praticamente appaiate come terze forze Lega Nord e Forza Italia, rispettivamente al 12,8% e 12,7%, in attesa di capire quali saranno le loro scelte su programmi e alleanze in seno al centrodestra. Molto distaccati i partiti considerati “minori”, con Fratelli d’Italia dato al 4,6%, il neonato art. 1 Movimento Democratico Popolare (raggruppamento di scissionisti Pd e fuoriusciti Sel) al 3,3%, Alternativa Popolare (l’ex Nuovo Centro Destra) al 2,8%, Sinistra Italiana al 2,7%. Praticamente irrilevanti le altre liste di sinistra come Possibile o i centristi di Scelta Civica.
Pd risente degli scandali, M5S no
Dalla parità di 30 giorni fa lo scenario sembra abbastanza cambiato.
Il Pd ha subito la scissione, appunto stimata in oltre il 3% dei voti, ma soprattutto le vicende relative al caso Consip, che stanno investendo il padre dell’ex premier Matteo Renzi e il ministro dello Sport Luca Lotti.
Al contrario il M5S non ha risentito né del caos in Campidoglio né della recentissima (forse troppo recenti per influire di già) situazione delle primarie di Genova, dove la vincitrice e quindi candidata a sindaco Marika Cassimatis è stata estromessa dalla competizione per diretto intervento di Beppe Grillo, con tutte le polemiche scaturite.
Gli ostacoli del proporzionale e del premio di maggioranza per il M5S
Stante l’attuale legge elettorale, sono in vigore però proporzionale e correzione maggioritaria attraverso il premio al partito che raggiungesse il 40%, in un sistema di fatto tripolare. E visto che tutte le compagini sono piuttosto lontane dalla fatidica soglia, la questione della governabilità e delle alleanze sarà centrale.
La sinistra è fresca di divorzi e scissioni, difficile immaginare ricuciture lampo, salvo al comando del Pd non salga qualcuno che incontri un largo consenso (miracoloso) – sicuramente non Renzi, da vedere l’eventuale linea dei rivali Andrea Orlando e Michele Emiliano. Il centrodestra sarebbe solo al 30%, poco di più con l’apporto di Angelino Alfano, che difficilmente entrerebbe in una coalizione con Matteo Salvini, per confessata disistima reciproca – poi è sempre da vedere. Ugualmente, strada in salita per il M5S, specie se insisterà sulla linea dell’isolamento e dell’equidistanza da tutti gli altri. Salvo vittorie plebiscitarie, saranno stucchevoli balletti di alleanze o ingovernabilità.