Tanto a Cuba, quanto in Ecuador, Venezuela, Brasile e Argentina, così come in altri paesi, la crisi economica, l’instabilità geopolitica, e il declino di un modello di sviluppo differente da quello liberal-capitalistico sembrano mandare a monte i piani di cambiamento finora portati avanti. Segnali evidenti di crisi si sono avuti recentemente in Venezuela e Paraguay e in Argentina e Brasile. In Paraguay si sono verificati recentemente tumulti contro il tentativo del presidente in carica, Horacio Cortés, di modificare la Costituzione e assicurarsi un secondo mandato.

Golpe istituzionale mancato in Venezuela

Il ciclo progressista che ha animato l’America Latina negli ultimi decenni e che aveva visto la luce con il “bolivarismo”, associato al "chavismo", ovvero al nome e all’azione del defunto presidente Ugo Chavez, sembra ormai in uno stato di forte crisi, se non di brusco arresto. Proprio in Venezuela, paese che ha lanciato la rivoluzione bolivariana, ispirata agli ideali indipendentisti per l’America del Sud del patriota Simon Bolivar (1783-1830), la rivoluzione manifesta segnali preoccupanti di involuzione. Pochi giorni fa la Corte suprema di giustizia ha deciso l’esautoramento del Congresso, controllato dagli oppositori del governo di Maduro, il quale poco dopo ha però fatto marcia indietro sconfessando l’operato della Corte.

Gli appelli degli antichavisti affinché i militari prendano il potere non hanno avuto successo, visti i legami tra esercito e governo chavista.

Cuba e Ecuador al tornante del cambio di leadership

A Cuba invece, altro paese storicamente avanguardia della rivoluzione socialista nel continente, l’epoca di Raul Castro volge ormai al termine.

Nell’isola caraibica, retta da quasi settant’anni dal regime castrista, la possibilità che salga al potere un altro Castro è concreta, anche se il figlio di Raul, Alejandro Castro Espìn, non è accreditato come sicuro successore. E’ probabile che a subentrare saranno due esponenti più giovani dell’attuale esecutivo, Miguel Diaz-Canel o Marino Maurillo.

A Cuba però gli ideali della rivoluzione non sono tramontati e non si vedono cambi di regime alle porte.

Lo scorso due aprile si sono svolte invece in Ecuador le elezioni per sancire il successore di Rafael Correa, alfiere della Revolución Ciudadana che in dieci anni ha attuato politiche per lo sviluppo umano e per la costruzione delle infrastrutture nel paese. Le consultazioni hanno sancito la vittoria di Lenín Moreno con un risicato 51,1%, impostosi contro il banchiere Guillermo Lasso, esponente dalla destra neoliberista.

Brasile e Argentina: vittoria della controrivoluzione?

In Brasile e in Argentina la “controrivoluzione” è stata sin ora più efficace che in altri paesi. In Brasile il legittimo presidente Dilma Rousseff è stato spodestato lo scorso anno grazie ad una procedura di impeachment votata dal Parlamento.

La Rousseff, sostenuta dal Partito dei lavoratori che ha guidato lo sviluppo economico del paese degli ultimi decenni, è stata rimpiazzata da Michel Temer, il quale ha impresso un violento cambio in materia di economia e politica estera del paese: oggi il Brasile è più liberista e più spostato sulla fedeltà a Washington.

Uno scenario simile si è concretizzato in Argentina, qui in seguito a democratiche elezioni. Il nuovo presidente Maurizio Macri ha impresso anch’egli una vigorosa sterzata alla politica estera ed economica indipendente dai dettami di Washington della precedente amministrazione kirchnerista. Lo stesso Macri, ha anche attuato discutibili provvedimenti come la restituzione alle Forze Armate di quell’autonomia che Raúl Alfonsín, presidente della transizione alla democrazia, le aveva sottratto al fine di evitare un ritorno ai golpe militari.

Insomma, nell’America Latina un tempo faro del cambiamento, la “controrivoluzione” sembra prevalere almeno per ora. Del resto il continente ha sempre oscillato nella sua storia tra tentativi rivoluzionari, talvolta anche riusciti, e minacce di nuovi "caudillo".