Nancy Pelosi è volata in India ad incontrare il capo spirituale del tibet. I diritti umani al centro della visita con il Dalai Lama. Ma l’incontro della leader della Casa dei Democratici statunitense, accompagnata da una delegazione bipartisan, con l’esiliato tibetano ha avuto un amaro risultato: le vivaci proteste e le minacce da parte del governo cinese. La visita della deputata americana rischia di mettere in crisi i rapporti tra Cina e Usa, in un momento particolarmente caldo per gli assetti politici asiatici.

Per la Cina il Dalai Lama è un anti-separatista

Nella sempre più ingarbugliata politica mondiale, anche un pacifico incontro su temi universali come i diritti umani può scatenare il finimondo. Soprattutto se ad essere interpellato in qualità di esperto è l’esiliato più famoso del pianeta: il Dalai Lama. Il leader spirituale tibetano, da sempre promotore della temperanza politica, è un personaggio scomodo per il Presidente Xi Jinping. Il ministro cinese degli Affari Esteri, Geng Shuang, ha reso chiaro che cosa ne pensa la Cina sul Dalai Lama: è un esiliato politico che usa il mantello della religione per nascondere le sue mire separatiste anti-Cina.

Il ministro cinese ha spiegato, senza usare mezzi termini, che cosa devono fare gli americani per rimediare a questo pasticcio: “La visita di una rilevante delegazione del Congresso degli Stati Uniti per incontrare il Dalai Lama – ha detto Shuang – ha mandato un segnale molto forte al mondo riguardo all’indipendenza del Tibet e va contro le promesse statunitensi sulla questione tibetana.

La Cina si oppone fermamente a questa visita e ha inviato una solenne rimostranza agli U.S.A.” - e ha continuato ribadendo - “Sollecitiamo le massime autorità politiche del Congresso americano di trattare con la massima cura la questione del Tibet, terminando tutte le comunicazioni con il Dalai Lama e prendendo misure urgenti per gestire l’impatto negativo della visita”.

Tempi duri per la politica estera di Trump

La visita della leader della minoranza della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, al Dalai Lama, mette in serio imbarazzo la politica internazionale di Trump con il suo maggiore alleato in Asia. Il presidente statunitense non è certo amico fraterno di Xi Jinping, in quanto considera il governo cinese un avversario commerciale e un manipolatore finanziario, ma ha bisogno del suo supporto per frenare le minacce nucleari nordcoreane.

I rapporti di Trump con il Dalai Lama non si sono ancora concretizzati, anche se il leader tibetano aveva espresso, subito dopo le elezioni di novembre, il suo desiderio di incontrare il nuovo presidente americano. Dopo la reazione cinese alla visita della delegazione americana sarà improbabile che questo incontro – accordato da tutti i recenti presidenti americani – avverrà molto presto. Trump, infatti, deve essere molto cauto nella gestione dei rapporti con i suoi “alleati” asiatici, che considera fondamentali nella lotta che ha ingaggiato contro il dittatore nord-coreano. Un incontro con il leader tibetano metterebbe a rischio i già delicati rapporti con la Cina.

Il Tibet nello scacchiere politico internazionale

Il Dalai Lama potrebbe quindi perdere uno dei più preziosi alleati occidentali. Ma il giro di guardia alla Casa Bianca glielo ha fatto probabilmente presagire. Soprattutto dopo le affermazioni fatte dal Segretario di Stato Rex Tillerson la scorsa settimana, quando ha detto che nella politica estera americana il ruolo dei diritti umani sarebbe stato minimizzato. E ciò non sorprende viste le dichiarazioni rese dal presidente Trump sia durante la campagna elettorale che in questi primi mesi di governo – il muro sul confine messicano ne è la prova più evidente.

La questione del Tibet è inoltre sempre passata in secondo piano nella politica internazionale, fin da quando la Cina ne ha preso il controllo nel 1950.

Chiamata la “liberazione pacifica” il governo cinese ha da sempre premuto sui governi stranieri affinché ignorassero il Dalai Lama.

La guerra di Pechino contro le ingerenze internazionali sulla questione del Tibet non si sono mai fermate. Il governo cinese ha recentemente denunciato Nuova Delhi per l’ospitalità offerta al leader tibetano, in seguito alla visita di quest’ultimo nello stato di Arunachal Pradesh – territorio che i cinesi considerano parte del Tibet – per dare conforto spirituale ai suoi connazionali. La Cina continua a negare ogni addebito sugli abusi dei diritti in Tibet, dicendo che il suo governo ha portato prosperità in questa regione remota e arretrata, e che sono pienamente rispettati i diritti culturali e religiosi dei suoi cittadini tibetani.