È di pochi giorni fa la notizia che Donald Trump ha intenzione di mettere in discussione il trattato sul nucleare iraniano. Il presidente degli Stati Uniti, sottolineando che il suo Paese non ricava alcun vantaggio da questo accordo, ha annunciato la sua intenzione di uscirne ed ha 'passato la palla' al Congresso che, ora, ha due mesi di tempo per pronunciarsi sulla questione e decidere, eventualmente, per nuove sanzioni nei confronti di Teheran. Le motivazioni della scelta drastica di Trump riguarderebbero il possibile coinvolgimento dell’Iran nel finanziamento a gruppi terroristici sciiti.
Secondo il prospetto offerto dalla Casa Bianca, inoltre, il governo iraniano si sarebbe sottratto all'obbligo delle ispezioni che hanno il compito di verificare la corretta messa in atto del trattato sul nucleare. Su questo secondo punto, però, è di diverso avviso Yukiya Amano, direttore dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica, che in un recente intervento a Roma nel corso della XX edizione della conferenza 'Edoardo Amaldi' ha evidenziato come, al contrario di ciò che afferma Trump, Teheran sta rispettando pienamente gli accordi del 2015.
Chi ne guadagna dalla crisi
I principali antagonisti dell’accordo con l’Iran sono Israele ed Arabia Saudita, i due più fedeli alleati politici statunitensi in Medio Oriente.
Ciò che Israele teme di più è la retorica antisemita del paese khomeinista che da sempre promette la distruzione dello Stato ebraico. Se l’Iran dovesse dotarsi di missili balistici, armati con testate nucleari, Israele avrebbe un motivo di preoccupazione in più. È vero che il sistema 'Fionda di Davide' che è parte della difesa antibalistica stratificata è allo stato dell’arte, ma questo non riduce le paure di Tel Aviv.
La storia insegna come Israele, quando si sente minacciato, tende a reagire con aggressività come, ad esempio, fece nel 1981 distruggendo le centrifughe di arricchimento irachene con un raid aereo.
L’altro antagonista dell’Iran, l’Arabia Saudita, è diventata ormai la guida dei paesi sunniti. Come leader e importante alleato USA nella zona del Golfo, ha buoni rapporti con Israele (pur non riconoscendone ancora l'esistenza) e pessimi con l’Iran.
Gli attriti col paese persiano sono causati non solo dall'eterno scontro confessionale tra sunniti e sciiti, ma anche da una sfida tra sfere d’influenza. Esempi recenti sono la guerra nello Yemen e la crisi siriana. In entrambi i casi, le due potenze si sono trovate su fronti opposti in conflitti non convenzionali, nel più classico degli scenari da guerra fredda.
Chi è a favore della distensione
I migliori sponsor dell’Iran sono i paesi europei, tra cui anche l’Italia che era uno dei principali partner commerciali del paese prima delle sanzioni e che ha continuato a intrattenere buoni rapporti. Francia e Germania sono favorevoli a una normalizzazione delle relazioni. Questa concordia d’intenti sull’integrazione dell’Iran nella comunità internazionale significa che ci sono ottime opportunità d’investimento.
Anche la Russia è vicina all’Iran e ne è la prova la guerra in Siria, dove militari di Mosca e le milizie sciite stanno collaborando proficuamente per sconfiggere il sedicente stato islamico (ISIS). I due paesi sono molto vicini sul dossier Medio Oriente e sono partner commerciali di lungo corso. Per la Cina l’accordo dimostra, a livello globale, quanto sia importante nel ruolo di mediatore tra le parti in conformità con i progetti di Xi Jinping.
Iran e Corea del Nord
L’impossibilità dell’Iran di produrre testate nucleari e le sanzioni che colpiscono la sua economia, se da un lato tranquillizzano i suoi nemici dall’altra spingono l’Iran ad avvicinarsi alla Corea del Nord. Il legame tra la Corea di Kim e il paese khomeinista è molto profondo.
Da molti anni, i due paesi collaborano per aggirare le sanzioni che li attanagliano. Da una parte abbiamo la Corea del Nord che investe in tecnologia militare, ma ha una grave crisi nei settori agricoli ed energetici e dall’altra un paese con grandi risorse energetiche e non che è impossibilitato a commerciare con l’esterno. L’incontro di necessità complementari ha portato alla nascita di un’intesa tra paesi geograficamente e culturalmente molto lontani.
Un'occasione da non perdere
La normalizzazione dei rapporti con l’Iran se da una parte spaventa, dall’altra rappresenta una possibilità unica per l’occidente e non solo. Una distensione potrà dimostrare come il commercio e l’integrazione nella comunità internazionale, possano trasformare un paese da temere in un alleato prezioso e punto di riferimento nel mosaico mediorientale.