Ormai si viaggia a vista, minuto per minuto. Al Quirinale il via vai di persone non è mai stato così frenetico come in questa lunga parentesi di non governo. Ieri doveva essere la giornata decisiva per interrompere l’impasse ma, nel momento stesso in cui Carlo Cottarelli attendeva l’apertura della porta di Sergio Mattarella, è arrivato l’ennesimo colpo di scena. Luigi Di Maio, con una mossa quantomeno sospetta per tempistiche e metodo, ha riaperto i giochi con una proposta che ha stretto nell’angolo Matteo Salvini: “Ma se il problema del governo giallo-verde è Savona, perché non spostarlo altrove?

”. Difficile che dietro la ritrovata responsabilità istituzionale del capo politico del Movimento5Stelle non ci sia proprio Mattarella. Il Capo dello Stato, finito al centro delle polemiche per una gestione della crisi quantomeno confusionaria e discutibile, ha capito che far partire un governo politico rimane la soluzione migliore. Per tutti ma non per Salvini che, stando agli ultimi sondaggi, avrebbe la possibilità di concretizzare con il ritorno al voto l’aumento esponenziale del proprio consenso elettorale. Tirarsi indietro o negare la collaborazione a Di Maio, arrivati a questo punto, significherebbe dar ragione ai tanti nemici che lo hanno accusato di doppiogiochismo.

È così che, senza alcuna voglia ed entusiasmo, Salvini ha concesso il suo via libera.

Savona sarà l’unica correzione?

La porta io non l’ho mai chiusa” ha affermato ieri sera Salvini rispondendo a chi gli chiedeva conto del passo di lato sul caso Savona. Una dichiarazione scontata ma di facciata. Il segretario del Carroccio in realtà è arrabbiato, molto arrabbiato con Di Maio che gli ha teso una vera e propria trappola. Il sospetto che abbia ceduto alle pressioni di Mattarella è concreto. A complicare il tutto ci si è messa anche Giorgia Meloni, che ha annunciato di essere pronta a votare la fiducia a un governo politico M5S-Lega pur di scongiurare l’ennesimo traghettatore tecnico a Palazzo Chigi.

È con questi presupposti che Salvini ha annullato tutti gli impegni elettorali in Lombardia e si è rimesso in viaggio alla volta di Roma per riprendere le fila della trattativa. Si riparte dalla stessa architettura formulata al Quirinale, fatta eccezione per lo slittamento di Savona. Attenzione tuttavia a un possibile colpo di scena per Palazzo Chigi: se al Tesoro dovesse andare l’uomo indicato dal M5S, ovvero Pierluigi Ciocca (ex vicedirettore generale della Banca d’Italia), la Lega potrebbe pretendere addirittura dal Colle l’incarico di guidare il governo giallo-verde. In tal senso scalda i motori Giancarlo Giorgietti che potrebbe essere scalzato solo da Salvini in extremis.

In preallarme il professor Conte

Un ribaltone che sorriderebbe al Centrodestra, dal cinque marzo impegnato a invocare l’incarico di governo per Salvini, ma non al M5S. Per Di Maio il nome giusto rimane quello di Giuseppe Conte che, tuttavia, ritornerebbe al Colle dopo aver fallito il suo primo tentativo. Un indizio che propende verso quest’ultima ipotesi è che il professore di Diritto Privato ha saltato questa mattina la lezione che doveva tenere all’università di Firenze. Dietro la sua assenza ci sarebbe la richiesta di Di Maio di tenersi pronto: prima per il vertice a tre con Salvini e poi per salire da Mattarella. Solo in un secondo momento si discuterà dell’opportunità di far entrare Fratelli d’Italia nella squadra di governo, con la concessione di una poltrona a Guido Crosetto o alla leader Meloni.

Ciò che è certo è che bisogna fare in fretta perché la speculazione dei mercati finanziari incombe sull’Italia. L’incertezza Politica ha riacceso la schizofrenia dello spread con un danno calcolato di circa 200 miliardi di euro a carico del nostro Paese. L’opposizione guidata dal Partito Democratico ha puntato il dito contro l’irresponsabilità dei non vincitori delle ultime elezioni. L’ex ministro Carlo Calenda ha così definito il momento: “Un teatrino vergognoso fatto da apprendisti stregoni”.