Il Senato ha approvato la legge del cosiddetto decreto Dignità: il testo del disegno di legge è passato con 155 voti favorevoli (125 sono stati i contrari, 1 astenuto). L'approvazione è definitiva: ora si attende soltanto la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Palazzo Madama ha quindi confermato gli emendamenti al capitolo del lavoro, come - per esempio - l'estendere gli incentivi per le assunzioni dei giovani under 35 sino al 2020. Prevista anche una maggiore applicazione nelle attività turistiche e del settore terziario dei voucher e un periodo cosiddetto 'di transito' che evita le strette sui contratti a termine, almeno sino al 31 ottobre 2018.
Le dichiarazioni
'Dopo anni e anni, finalmente è legge il primo decreto non voluto da lobby di potere e potenze finanziarie' - ha commentato il vice premier, nonché ministro del lavoro e dello sviluppo economico, Luigi Di Maio. 'Gli italiani devono scegliere tra due differenti visioni del Paese: coloro che lo volevano svendere e chi, invece, sta restituendo dignità al popolo italiano' - ha detto Beppe Grillo, ex leader del Movimento Cinque Stelle. Prima del voto conclusivo, i singoli schieramenti politici e gruppi parlamentari erano intervenuti per comunicare le proprie intenzioni di voto. Fratelli d'Italia con l'onorevole Andrea De Bertoldi ha parlato di una 'decrescita felice verso cui le piccole imprese stanno reagendo con sdegno, criticando un decreto che impone troppi 'paletti'.
Il capogruppo del Partito Democratico al Senato, Andrea Marcucci, ha sostenuto, invece, che 'questo decreto non farà altro che continuare ad aumentare la disoccupazione, non prevedendo iter formativi di alternanza scuola-lavoro, né incentivi per l'investimento tecnologico, né agevolazioni per i contratti di lavoro a tempo indeterminato.
La contestazione
Durante il voto in aula è andato in scena uno spettacolo indecoroso: cori, urla e critiche da parte delle opposizioni che hanno costretto la presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, a richiamare ripetutamente all'ordine i senatori dicendo.
'Questo non è un asilo. Non siamo allo stadio' - ha ripetuto più volte la presidente. Numerosi senatori del Partito Democratico (non Matteo Renzi) hanno esibito dei cartelli di polemica con la scritta 'meno 80 mila, bye bye lavoratori', chiaro riferimento ai posti di lavoro che verrebbero meno secondo l'esame degli esperti del ministero.