D'ora in poi nella Lega, ad occuparsi dei temi economici, sarà il senatore Alberto Bagnai, economista e docente all'Università degli Studi "G. D'Annunzio" di Chieti, conosciuto per le sue posizioni euroscettiche e post-keynesiane. Sarà lui dunque a rappresentare l'orientamento della Lega nelle materie prettamente economiche e finanziarie, sia dinanzi ai giornalisti che nelle sedi opportune, in cui vengono sviscerate le tematiche più tecniche e specifiche. Il leader del Carroccio, dichiaratosi da sempre suo estimatore, ha sempre apprezzato la sua preparazione culturale generale (il professor Bagnai è anche un provetto musicista), il suo modo di interloquire pacato e rassicurante e la sua incontrovertibile capacità di mediazione all'interno delle relazioni istituzionali.

Il successo di vendite de 'Il Tramonto dell'Euro'

Laurea in economia e commercio, conseguita presso l'Università degli studi di Roma "La Sapienza", si è più volte definito un populista di sinistra e si è fatto eleggere senatore, concorrendo nel collegio plurinominale della Regione Abruzzo. Il 21 giugno scorso, è stato eletto Presidente della Commissione Finanze del Senato della Repubblica. Negli scorsi anni, si è aggiudicato il Premio di Letteratura Economica e Finanziaria del Canova Club, per la pubblicazione del suo primo libro a carattere divulgativo, Il Tramonto dell'Euro, che ha riscosso un successo di vendite encomiabile: come riportato da Libero, "in Italia è uno tra i libri più rappresentativi della filosofia politico-economica sovranista".

Bagnai è conosciuto in tutta Europa, infatti è uno degli economisti anti-euro più convinti che riveste un qualche incarico istituzionale negli Stati membri.

Bagnai e Borghi: 'Bisogna muoversi in un orizzonte di lungo termine'

Per quanto concerne l'attuazione del programma economico della Lega, tanto Bagnai quanto, il suo collega della Lega, Borghi, sono concordi sul fatto che bisogna dare "un segnale su tutti i dossier in modo che nessuno possa ritenere che noi abbiamo abbandonato questo o quel punto".

Il compito precipuo sarà "dimostrare a tutti quanti che bisogna muoversi, a partire dalle prossime manovre, in un orizzonte di lungo termine". Se si rimane dentro l'euro, è giusto che non si sfori il tetto del 3% del rapporto deficit/PIL. Soltanto, fuori dall'euro, si potrebbe dar spazio a "politiche aggressive di aumento del deficit che risulterebbero peraltro benefiche, ma in questo quadro tutto ciò è assai meno probabile", concludono.