In seguito all’accordo raggiunto e firmato da USA e Talebani, il presidente americano Donald Trump ha avviato la prima riduzione parziale delle truppe presenti in Afghanistan (da 12000 a 8600), di cui è prevista la conclusione entro 135 giorni.

Secondo quanto riportato dall’ANSA, gli spostamenti militari sarebbero iniziati dalle basi militari di Lashkar Gah (il capoluogo della provincia di Helmand) e da un'altra base in provincia di Herat, rispettivamente a sud e ad est del paese.

Il ritiro completo delle truppe, secondo quanto stabilito nell'accordo, dovrà essere completato entro 14 mesi.

L'accordo tra USA e i Talebani

Il dialogo per la risoluzione del conflitto in Afghanistan era stato in parte impedito dalla posizione statunitense, secondo cui i Talebani avrebbero dovuto in primis negoziare con il governo ufficiale afghano (da essi ritenuto illegittimo).

Il cambio di Politica da parte dell'amministrazione Trump, e dunque il dialogo intavolato direttamente con i Talebani, ha permesso il raggiungimento di un primo accordo in seguito ad un lungo negoziato tenutosi a Doha. Secondo tale accordo gli USA avrebbero definito le tempistiche del ritiro delle proprie truppe dal paese, mentre i Talebani si sarebbero impegnati ad interrompere i loro contatti con gruppi terroristici di matrice islamica, quale ad esempio Al Qaida, nonché a non proseguire con le violenze nel territorio.

L'accordo firmato il 29 febbraio a Doha ha aperto dunque la strada per un successivo dialogo, molto più complesso, tra i vari attori afghani.

Fonti diplomatiche hanno riferito inoltre che gli USA hanno richiesto un voto in sede del Consiglio di sicurezza dell’ONU per far sì che l’accordo venga riconosciuto tramite una risoluzione.

La bozza di risoluzione richiederebbe al governo dell'Afghanistan di intraprendere i negoziati con i Talebani specificatamente con una squadra di negoziatori inclusiva e diversificata, composta da leader politici e della società civile afghana e in cui vengano incluse anche le donne.

Gli ostacoli al dialogo interno

Nel contesto dell’incombente negoziato interno tra il governo afghano e i Talebani, preoccupano le vicissitudini che si sono verificate nelle ultime settimane nel paese, in cui si sono recentemente tenute le elezioni presidenziali.

Nonostante i risultati delle elezioni dichiarino che l'incarico di Presidente andrà a Ashraf Ghani (già Presidente dal 2014), lo sfidante Abdullah Abdullah si è autoproclamato vincitore, e dunque Presidente, rifiutando di accettare l'esito elettorale e definendolo "fraudolento".

Di conseguenza, due cerimonie inaugurali si sono tenute in due luoghi separati: al Palazzo Presidenziale (cerimonia di insediamento di Ashraf Ghani) e al Palazzo Sapedar (Abdullah Abdullah). Una crisi istituzionale di questo tipo va naturalmente a minare in modo rilevante l'unità del governo afghano, da molti ritenuta fondamentale nell'ambito dei dialoghi di pace da intraprendere con i Talebani.