Ricoverata nel tardo pomeriggio di sabato all’ospedale Santa Maria di Terni un’insegnante di circa 45 anni, ora in prognosi riservata e in stato di coma. Sono in corso ulteriori accertamenti per escludere una meningite meningococcica dopo i risultati negativi dei primi test veloci. Repentina l’azione dell’Asl che ha avviato un provvedimento per attivare tutte le procedure precauzionali: circa 120 persone, tra cui 80 bambini, sono state sottoposte alla profilassi di rito, e l’ente pubblico rassicura sui rischi di contagio.

I casi dell'ultimo anno in Toscana

Un caso, questo di Terni, che richiama alla memoria gli episodi verificatisi in quest’ultimo anno in Toscana. Risale infatti all’ottobre scorso il ricovero d’urgenza di una ragazza di 24 anni, che versava in gravi condizioni, all’ospedale di Cisanello di Pisa. Propriola Toscana risulta la regione in cui sono stati registrati più casi di meningitein quest’ultimo anno: 35 nell’ultimo anno con ben 28 casi da meningococco, la forma più aggressiva. Sette invece i decessi, tra i quali due per meningococco C e uno per meningococco B.

La parola a Giovanni Rezza

Un fenomeno studiato da Giovanni Rezza, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità, che cerca da mesi di dare una spiegazione al perché dei tanti casi in Toscana ealle cause diuna circolazione così rapida della malattia.

Secondo alcune ipotesi, pare che un focolaio epidemico si sia insediato nella regione in conseguenza all’attracco di una nave a Livorno. Rezza, però, non sostiene l’inconfutabilità di questa tesi e ha puntato l’attenzione maggiormente sulle cause della diffusione rapida del ceppo virulento. Un interrogativo che ancora non sembra aver trovato risposta e che quindi fa volgere l’attenzione sull’importanza dell’identificazione precoce dei casi, fondamentale per la scelta delle terapie e per l’attivazione delle campagne vaccinali.

Vaccinazioni: un'importante forma di autotutela

La Toscana, infatti, non si è fatta trovare impreparata su questo versante e ha adottato misure preventive avviando campagne di vaccinazione o rivaccinazione. Secondo quanto sostiene Rezza, è possibile che i soggetti colpiti da meningite non si siano sottoposti a vaccinazione oppure siano stati vittime di una diminuzione degli effetti protettivi del vaccino.

A tal proposito, quindi, l’esperto insiste sull’importanza di intervenire preventivamente, soprattutto ora che con i mesi freddi si andrà incontro all’aumento dei contatti in ambienti chiusi e il rischio contagio crescerà. Una forma di autotutela necessaria soprattutto considerando che ogni anno in Italia 1000 persone contraggono la meningite e quella meningococcica è causa di morte nell’8-14% dei pazienti colpiti, con un tasso di mortalità che sale del 50% nel caso di cure inadeguate.