E’ di questi giorni un articolo di Richard Schiffman, sul New York Times, che chiede provocatoriamente agli americani se sono pronti a mettere in tavola il natto, un probiotico giapponese a base di semi di soia fermentati. Sembra che a promuovere questo probiotico nella cultura culinaria americana è il Dr. Ann Yonetani, microbiologo e fondatore, lo scorso anno, della NYrture Food, dove insegna scienza dell’alimentazione. Ding M. e collaboratori, ricercatori del dipartimento della nutrizione della Harvard School of Public Health, di Boston, su Eur J Clin Nutr hanno invece evidenziato, attraverso tre cohorte di soggetti americani, gli effetti benefici dei semi di soia e degli isoflavoni, la base del natto appunto, nella prevenzione del diabete tipo 2.

Il natto, un nuovo probiotico dalle molteplici proprietà salutistiche

Come tutti i probiotici, anche il natto vanta numerose proprietà benefiche. Contiene i cosiddetti “batteri natto” ovvero i Bacillus subtilis, responsabili dell’aspetto filamentoso di questo alimento. Immunostimolanti ed efficaci nelle disfunzioni del tratto intestinale e urinario, hanno un odore pungente e un sapore poco gradevole, terroso, un incrocio tra ricotta e fegato tritato. Si presenta come un groviglio di gelatina a forma di fagioli, appiccicosi ma sfuggenti in bocca durante la masticazione. Ricchi di vitamina K, importante nella coagulazione del sangue, partecipa anche alla calcificazione delle ossa contrastando così l’osteoporosi.

Yonetani, formazione alla Columbia University ed esperto di riproduzione cellulare, ritiene che l’industrializzazione ha portato ad una sostanziale sterilizzazione dei nostri alimenti. Questi processi, oltre ad avere opportunamente eliminato molti batteri nocivi alla nostra salute, ne ha eliminato anche quelli che assicuravano una diversità della nostra flora intestinale (microbioma).

E’ questo è in contrasto con la nostra evoluzione: siamo degli organismi abituati a cibi freschi e sporchi, quelli della civiltà contadina, e questo assicurava un’ampia diversità del microbioma umano.

Il natto, quindi, rappresenta un alimento di compensazione, andando a ripopolare il nostro microbioma con batteri utili alla nostra salute.

In un cucchiaio di natto – prodotto finito – ci sono un miliardo di batteri del suolo, i Bacillus subtilis, almeno un ordine di grandezza di qualsiasi altro probiotico in commercio. Spesso presenti in spore e quindi in grado di superare indenne la barriera gastrica ed arrivare a colonizzare efficacemente l’intestino.

Numerosi studi ma siamo ancora agli inizi

In letteratura è possibile trovare numerosi studi sulle proprietà e sugli effetti del natto. Si va dall’attività anticoagulante (un cucchiaino contiene circa 300 microgrammi di vitamina K2, circa sette volte il fabbisogno minimo giornaliero) alla capacità di fissare una maggior quantità di calcio alle ossa, con evidenti effetti positivi in chi soffre di osteoporosi.

Su European Journal of Clinical Nutrition è stato recentemente pubblicato un importante lavoro dove sono stati presi in esame tre gruppi (cohorte) di soggetti, in vari periodi, tra il 1998 e il 2013, intervistati sulle loro abitudini alimentari, ogni 4 anni mediante questionari.

Per un totale di 2 milioni/anno persona. Ebbene, almeno per i cittadini americani, coloro che avevano nella loro dieta una presenza costante di soia e suoi derivati –incluso il natto – avevano fatto registrare una significativa riduzione del rischio diabete di tipo 2, sia negli uomini che nelle donne.

Anche in questo caso, i risultati dello studio possono solo fornire delle indicazioni. Così come l’accostamento tra un probiotico derivante dalla soia – il natto - e altri derivati della soia, può essere forzato. Quello che è evidente, invece, è che la scienza della nutrizione porta alla scoperta di alimenti che possono essere lontani dalla nostra tradizione culinaria ma che, se inseriti come ulteriori ingredienti, possono dare effetti benefici auspicabili.