Questo mese sono stati pubblicati due studi clinici su questa nuova patologia. Il primo studio, giapponese, ha confrontato sintomi clinici e analisi psicologica di pazienti con disordini alimentari (arfid) verso pazienti affetti da anoressia nervosa. Il risultato è stato che non esiste una relazione tra anoressia e ARFID. Il secondo studio, condotto su 1.663 cittadini adulti americani, ha voluto analizzare se ci fosse un rapporto tra soggetti schizzinosi a tavola e disturbi del comportamento psicosociale. In questo caso è effettivamente emerso una relazione tra i due aspetti.

Cioè coloro che soffrono di ARFID possono avere difficoltà nel relazionarsi con gli altri. Questi studi stanno cercando di far luce e definire il quadro clinico di una condizione che spesso è borderline tra patologica o comportamentale.

Alzi la mano chi non ha dei cibi preferiti e dei cibi che proprio non vorrebbe fossero nel proprio piatto? La preferenza per alcuni alimenti e il non gradimento di altri, indipendentemente da problemi di intolleranza clinica, è un fenomeno molto diffuso e che può avere molteplici cause. Soprattutto nell’età infantile e dell’adolescenza. Se la lista dei cibi preferiti diventa molto ristretta (solo cibi liquidi, oppure solo cibi di un certo colore o di una determinata forma, oppure solo derivati del latte, oppure solo cibi di origine vegetale, ecc.) mentre per tutti gli altri alimenti scatta una vera e propria repulsione, allora siamo in presenza di una patologia.

Dal 2013, questa patologia è identificata con un acronimo, ARFID (Avoidant Restrictive Food Intake Disorder) ad indicare un disturbo fortemente restrittivo nell’assunzione del cibo. E’ un disturbo ancora poco conosciuto – come malattia – ma molto diffuso. Anche se è più frequente nell’infanzia e nell’adolescenza, può manifestarsi a qualsiasi età ed è prevalentemente maschile (60% di maschi e 40% di femmine).

Si tratta di un disturbo psichiatrico, inserito nell’ultima edizione del manuale diagnostico dei disturbi mentali, il DSM (The Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), una specie di "bibbia" degli psichiatri.

Ogni età ha la sua ARFID

Nei bambini, può iniziare da un episodio scatenante come il disgusto per un alimento di un certo colore, o un rischio di strozzamento da un cibo solido, o un sollecito esagerato da parte degli adulti a mangiare qualcosa che non gradiscono.

In questi casi, nei bambini può scattare una reazione che diventa avversione verso alcuni alimenti che ricorda loro l’episodio negativo.

I bambini che soffrono di ARFID possono essere sottopeso, avere difficoltà di crescita, necessità di integratori alimentari. Probabilmente questi bambini vivono in contesti familiari ansiosi, o con disturbi analoghi in qualche componente della famiglia. Dopo aver escluso ogni problema organico, un intervento psicologico può essere utile ma deve coinvolgere sia il bambino che i suoi genitori. Assolutamente da evitare ogni forma coercitiva.

Negli adolescenti, il disturbo può essere confuso con l’anoressia ma è tutt’altro. Questi 15-16enni non rifiutano il cibo per non aumentare di peso ma rifiutano degli alimenti per il loro sapore, colore, odore o consistenza.

In questi casi, un nutrizionista e uno psicologo possono aiutare l’adolescente a risolvere il problema, ma sono necessari alcuni anni.

Negli adulti, il problema può essere legato ad un disturbo iniziato molti anni prima, con cui l’adulto - crescendo - ha imparato a convivere. In questi casi non ci sono segni evidenti del disturbo, come denutrizione o problemi di salute in genere. L’unico vero problema è sul piano sociale. Un adulto si sente in imbarazzo se in compagnia di altri per un aperitivo, un pranzo o una cena. Anche in questi casi, è necessario l’intervento di psicologi, psichiatri e nutrizionisti.