L’International Agency for Research on Cancer (IARC), il 26 ottobre 2015, ha classificato come cancerogena di gruppo 1, la carne rossa processata (prosciutto, salami, pancetta, salsicce, wurstel e altro), e probabilmente cancerogena, di gruppo 2, la carne rossa fresca (vitello, manzo, montone, maiale, agnello, cavallo, capra).La ricerca ha, ovviamente, proseguito l’indagine sulla correlazione carne-tumori.

Tre lavori, pubblicati nell’ottobre 2016, affermano che questi alimenti non sono dannosi se vengono consumati con alcune accortezze. I ricercatori del Department of Animal Production, della Gent University, Belgio, hanno concluso che la carne rossa può essere assunta in quantità moderate (meno di mezzo chilo a settimana), nell’ambito di una dieta bilanciata, per trarne i benefici nutritivi (proteine ad alto valore biologico, micronutrienti importanti come vitamina B12, ferro e zinco).

Il giornale scientifico Environmental Health Perspectives riporta, come preferibile, una cottura della carne nell’acqua (stufati e zuppe) tra i 98 e i 120 °C, poiché a queste temperature i cancerogeni non si formano.La School of Food Science and Technology della Jiangnan University, Cina, ha suggerito di associare potenti antiossidanti naturali (ad esempio frutti di bosco, agrumi, uva, broccoli, cavoli, prugne o spezie come curcuma, rosmarino, salvia, noce moscata, pepe nero, chiodi di garofano, timo), per contrastare la formazione dei cancerogeni.

Rapporto dello IARC

Negli ultimi decenni l’incremento del consumo di carne è stato associato alla maggiore incidenza di diverse malattie.Durante la cottura della carne fresca ad alte temperature, tra i 120 e i 230 °C (brace, griglia e frittura), oppure nel processo di conservazione della carne (salatura o affumicatura e aggiunta di additivi chimici), si formano sostanze responsabili di potenziale capacità di avviare la carcinogenesi (N-nitrosamine, idrocarburi aromatici policiclici e amine aromatiche eterocicliche).Queste scoperte sono alla base della decisione assunta un anno fa dallo IARC, così come delle linee guida emesse dall’American Cancer Society e (ACS) e dal World Cancer Research Fund International (WCRFI).

Studi clinici recenti

I ricercatori si sono focalizzati sul consumo di tre amine (MeIQ, DiMeQ e PhIP).In particolare la PhIP, che si sviluppa con la cottura della carne rossa, ma non della carne bianca, è stata associata ad una maggiore incidenza del tumore al colon (cieco, ascendente e trasverso); in 15 anni di analisi, su 29.615 e 65.785 donne, si sono verificati, rispettivamente, 418 e 790 casi di cancro al colon-retto, con un’associazione significativa al consumo di carne abbrustolita dalla cottura.

L’assunzione quotidiana di carne rossa (100 gr al giorno, quindi 700 gr a settimana) è stata correlata ad un maggiore rischio di insorgenza di alcuni tumori (19% prostata, 17% colon-retto, 11% mammella) e della mortalità cardiovascolare (15%).Il consumo di 50 gr al giorno di carne processata è stato, invece, associato all’incidenza di molte malattie (32% diabete, 24% mortalità cardiovascolare, 19% cancro pancreatico, 18% cancro al colon-retto).