L’insoddisfazione degli italiani in relazione alle prestazioni fornite dal sistema sanitario nazionale non risulta essere assolutamente una novità. A darne maggiore conferma è il “Rapporto Italiani 2017” diffuso da Eurispes secondo il quale il 54,3% degli intervistati nutre malcontento in relazione al servizio sanitario. Il 75,5% recrimina proprio le interminabili liste di attesa per gli esami medici, e il 53,2% afferma di aver atteso troppo per gli interventi chirurgici.
Secondo la legge...
Dal punto di vista legale, gli ospedali e le strutture sanitarie sono tenute a comunicare ai pazienti i tempi massimi entro i quali la prestazione richiesta deve essere fornita.
Qualora dovessero essere superati i tempi massimi delineati in precedenza, la struttura sanitaria è tenuta a erogare la prestazione in intramoenia, ovvero nella stessa struttura e anche al di fuori dell’orario di lavoro, con il semplice pagamento del ticket. I tempi di attesa? Ogni cittadino non è tenuto ad attendere più di 180 giorni per una prestazione sanitaria. Per quanto riguarda le visite specialistiche e gli esami strumentali, invece, l’attesa non può durare rispettivamente più di 30 e 60 giorni dalla richiesta.
Qual è la soluzione al prolungamento ulteriore delle liste d'attesa?
È necessario far riferimento al decreto legislativo n.124 del 29 aprile 1998 in materia di “Ridefinizione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie e del regime delle esenzioni, a norma dell'articolo 59, comma 50, della L.
27 dicembre 1997, n. 449." Stando al decreto legislativo, qualora l’attesa dovesse prolungarsi più del previsto, il paziente ha la facoltà di richiedere che la prestazione sanitaria venga erogata nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, per cui i medici specialisti autorizzati possono esercitare nella stessa struttura sanitaria oltre l’orario di lavoro e/o presso gli studi privati.
In queste circostanze i costi della prestazione verranno addebitati all’Asl e non al cittadino. All’Asl potrà essere richiesto anche il rimborso di una visita privata solo qualora l’ospedale non sia stato in grado di fornire prestazioni urgenti e solo qualora la stessa prestazione abbia apportato effettivi benefici alla Salute del paziente.
Secondo la legge, infatti, paziente potrà porre “a carico dell'azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell'azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l'effettivo costo di quest'ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti".