Da qualche giorno sul web è stata diffusa dall'associazione GranoSalus la notizia, diventata virale, secondo cui i principali produttori italiani di pasta userebbero grano contaminato. I prodotti dei principali marchi come barilla, Voiello, Divella, De Cecco, Garofalo, Granoro, Coop e La Molisana, sono stati esaminati e sono risultati contaminati da micotossine, glifosato, piombo e cadmio. Il motivo della contaminazione è l'uso di grano importato dal Canada, paese che, come ormai noto, non ha remore nell'uso di pesticidi tra cui il famigerato RoundUp, anzi, la sua economia agricola, come quella statunitense è radicata da anni nell'uso di semenze OGM e di glifosato.

E' un'accusa grave, considerato che i marchi accusati hanno per anni portato avanti la politica del "Made in Italy" e del 100% italiano. Le aziende incriminate hanno reagito respingendo le accuse al mittente: Voiello ha dichiarato di usare solo grano aureo coltivato in Italia, mentre Granoro, portando ad esempio sua linea "pugliese" prodotta con frumento locale, ha citato GranoSalus per diffamazione. GranoSalus è stato attaccato dalle associazioni di categoria, come Aidepi, l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, sorta a difesa delle aziende alimentari, che ha ribadito la sicurezza della pasta italiana e la disinformazione creata dall'operazione.

Il tribunale dà torto ai pastai

Il Tribunale di Roma però ha dato ragione a GranoSalus, rigettando l’istanza cautelare di Barilla e le altre e di Aidepi che chiedeva la cancellazione degli articoli che "diffamavano" il grano. I risultati delle analisi, che hanno verificato la presenza dei quattro contaminanti, hanno evidenziato che tutti i prodotti ne contengono piccole quantità che superano però i limiti di legge per i bambini, soprattutto per le aflatossine.

Secondo le aziende ciò non significa che il grano non sia italiano e reagiscono spiegando che l'agricoltura italiana prevede l'uso dei pesticidi per pomodori e altri ortaggi e quindi la rotazione dei campi coltivati potrebbe aver contaminato il grano. Le aziende hanno inoltre obiettato che i prodotti esaminati non sono destinati all'alimentazione infantile, ma ciò non toglie che, non essendo presente alcuna dicitura sull'etichetta, qualsiasi genitore potrebbe usarli per alimentare i propri figli.

Secondo i giudici, anche se le quantità di contaminanti non sia superiori ai limiti di legge, la presenza delle suddette sostanze induce a dubitare sull'origine del grano o sulla sua potenziale miscelazione con grano d'Oltreoceano, pieno zeppo di glifosato e micotossine.