I dati epidemiologici evidenziano un cambio di scenario nella popolazione che risulta positiva all'hiv. Da una parte c’è una riduzione dell’infezione tra i giovani, in particolare nel Regno Unito e in Norvegia, segno di una maggiore consapevolezza del rischio di contrarre la malattia e quindi dell’adozione di comportamenti più responsabili; dall'altra gli over-cinquantenni che, per vari motivi, stanno aumentando di numero. Per costoro, in particolare, risulta più difficile impostare delle specifiche terapie anti-HIV.

Lo studio pubblicato su "Lancet HIV"

Un team di ricercatori coordinati da Lara Tavoschi, dottoressa laureata a Padova in microbiologia medica ed ora ricercatrice presso il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), ha condotto uno studio su dati epidemiologici raccolti in 31 Paesi della Comunità europea. Si tratta di dati relativi alle nuove diagnosi di HIV segnalati nel periodo 1 gennaio 2004-31 dicembre 2015. Questi elementi sono stati stratificati per età, sesso, status di migrante, via di contagio ed espressione cellulare dei recettori CD4. Quest'ultimo, nello specifico, consente di valutare a che stadio è stata effettuata la diagnosi, se precoce o in una fase avanzata.

Limitandoci al dato sull'età e andando a confrontare l'incidenza delle nuove diagnosi di HIV nella popolazione più giovane (età 15-49 anni) rispetto a quella meno giovane (≥50 anni), è emerso un significativo aumento in quest'ultima fascia di età. Infatti, nei 12 anni presi in esame, sono stati diagnosticati complessivamente 54.102 nuovi casi di HIV nella popolazione meno giovane, con una media di 2,6 casi ogni 100mila abitanti, ed un incremento percentuale del 2,1%.

Più in particolare, l'aumento tra gli uomini over 50 è stato del 2,2%, mentre tra le donne coetanee è stato dell'1,3%. Tra gli uomini omosessuali, l'incremento è stato del 5,8%, e tra coloro che avevano contratto la malattia con siringhe infette è stato del 7,8%.

Un cambio dei costumi

Tra i giovani le nuove diagnosi stanno diminuendo, e questa tendenza è emersa soprattutto nel Regno Unito e in Norvegia.

Tutto ciò è indice di una maggiore consapevolezza nei giovani del pericolo HIV/AIDS, e quindi di un ricorso più frequente all'adozione di sistemi di profilassi evidentemente efficaci.

Lo stesso non si può dire per la popolazione adulta che, finora, non è stata destinataria di alcun messaggio di sensibilizzazione mirato. Tutte le campagne di prevenzione sull'uso del profilattico, sul pericolo dello scambio delle siringhe tra tossicodipendenti, ecc., sono generalmente rivolte ad un pubblico giovane e mai adulto.

Un altro effetto - anche questo inedito - è il ruolo dei farmaci stimolanti sessuali come il Viagra, che hanno esteso l’attività sessuale ad una popolazione di età più avanzata. Queste persone, sebbene eterosessuali, non fanno uso di sistemi di prevenzione come il profilattico, contrariamente a quanto invece è consuetudine fare tra i più giovani, al fine di evitare gravidanze indesiderate.

Infine le persone più anziane arrivano alla diagnosi di HIV/AIDS in una fase piuttosto avanzata della malattia. Solo in Italia, negli ultimi anni, stanno aumentando i soggetti a cui viene diagnosticato l'AIDS, inconsapevoli di essere siero-positivi. Un ritardo diagnostico che può avere pesanti ripercussioni sul successo delle terapie, anche in considerazione del fatto che oltre i 60 anni, normalmente, le persone già assumono altri farmaci per tenere sotto controllo i loro problemi di salute.

I risultati di questo studio sono molto importanti per chi cura le politiche di prevenzione sul territorio, affinché nelle prossime campagne di prevenzione da HIV/AIDS si possano impostare messaggi rivolti anche a quella fascia di popolazione un po' più avanti con gli anni.