Una serie di articoli pubblicati contemporaneamente su le riviste scientifiche Nature e Nature Communication basi su altrettanti studi effettuati su cavie da laboratorio avrebbero permesso di stabilire una correlazione diretta tra le probabilità di sviluppare un tumore metastasico e una frequente e regolare assimilazione durante l'alimentazione di grassi, sopratutto di origine animale. Gli studi hanno concentrato la loro attenzione, in particolare, sul cancro della prostata. E sarebbero riusciti a descriverne e, sopratutto, a capire il motivo di questa correlazione.

Gli studi si sono concentrati sul tumore alla prostata per un motivo specifico. Diverse neoplasie dell'apparato urologico, come appunto il tumore alla prostata, vengono definite dalla comunità medico - scientifica indolenti. Cioè si sviluppano molto lentamente e non incidono sulla qualità di vita dei soggetti portatori. Almeno fino a quando non iniziano a svilupparsi le metastasi. A quel punto il quadro clinico del paziente cambia radicalmente e la malattia può anche avere esito infausto.

Gli sviluppi attuali

Fino agli studi di cui si tratta in questo momento, lo studio del tumore alla prostata indotto su cavie da laboratorio, in pratica dei topolini, non aveva prodotto grandi risultati in quanto i topi non si sono mai dimostrati, nel caso specifico, un buon modello previsionale della malattia.

Le ricerche appena pubblicate, invece, hanno mutato prospettiva di indagine e analizzato il tipo di dieta seguita dai roditori che può definirsi, essenzialmente, vegana. Cioè povera di grassi diversamente da quella occidentale.

Le ricerche sono state coordinate dal Dottor Paolo Pandolfi del Cancer Center at Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston.

Quello che Pandolfi e il suo team hanno fatto è stato, semplicemente, modificare la dieta dei topolini. In pratica li hanno nutriti a base di grassi saturi, quelli delle patatine fritte e degli hamburger da Fast Food, e il risultato è stato uno sviluppo di cellule cancerogene e metastasiche.

Queste scoperte hanno confermato diversi dati epidemiologici in base ai quali sopratutto tra le popolazioni asiatiche, dove la dieta è, anche per tradizione, povera di grassi saturi, si riscontra una bassa incidenza del tumore alla prostata.

Di solito non superiore al 10% dei casi di nuove neoplasie. Nella società occidentale, come ad esempio in Italia e negli Stati Uniti, questa percentuale balza, improvvisamente, al 40%. In pratica, come spiega il Dottor Pandolfi i dati indicano che la dieta potenzia i meccanismi di sviluppo delle metastasi.

Perché avviene la crescita delle metastasi

Il team di ricercatori guidati dal Dottor Pandolfi avrebbe anche individuato uno dei motivi che favoriscono lo sviluppo delle metastasi nel caso del tumore alla prostata. Hanno, infatti, notato come nel cancro alla prostata non metastasico non si registra la riduzione del gene PTEN, noto per avere un'azione oncosoppressoria, cioè riduce lo sviluppo delle metastasi, appunto.

Gli scienziati hanno, inoltre, accertato che perché si sviluppino delle metastasi non è sufficiente la scomparsa del gene PTEN. Deve essere contemporaneamente assente anche un'altro gene, denominato PML. Dove mancavano entrambi questi geni i tumori metastatici della prostata producevano grandi quantitativi di grassi saturi. Quindi i ricercatori sono giunti alla conclusione che quando mancano entrambi i geni viene alterato il metabolismo cellulare e si sviluppano le metastasi.

Di conseguenza, si può dire che questi studi hanno individuato l'interruttore che innesca lo sviluppo delle metastasi. Perciò è ora possibile bloccarlo. Pandolfi, addirittura, si spinge ad affermare che esisterebbe già un farmaco utile a questo scopo, inizialmente studiato per la cura dell'obesità fin dal 2009.

Si tratta della fatostatina. La sua applicazione su cavie da laboratorio ha dimostrato che bloccando la formazione dei grassi i tumori non sono diventati metastatici e sono regrediti. Di conseguenza, in futuro sarà possibile diagnosticare la progressione del tumore alla prostata con l'analisi della presenza o meno dei geni suddetti e curare questi pazienti con una combinazione di dieta e farmaci.